La mostra nasce per festeggiare il ritorno alla fruibilità del quadro Ritratto di signora che appartiene alla mostra permanente della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi. Il quadro ha una storia romanzesca: balzato agli onori della cronaca una prima volta nel 1996 quando una studentessa liceale si accorse che il Ritratto di signora era in realtà la rielaborazione di un quadro precedente, Backfisch di cui l'artista aveva mantenuto il volto ma eliminato il grande cappello nero che caratterizzava la prima versione del ritratto; l'anno seguente, il 1997, il quadrò fu trafugato dalla galleria e per ricomparirvi misteriosamente nel 2019, ritrovato in ottime condizioni in un pertugio del muro di cinta del giardino della stessa galleria.
La mostra analizza l'humus artistico in cui si sviluppa la personale visione artistica di Klimt, legata alle secessioni e, dato il rapporto piuttosto stretto che l'artista austriaco ebbe con l'Italia, analizza anche le influenze klimtiane sull'arte italiana d'inizio novecento.
Di grande interesse la prima sala che ci fa capire l'ambiente in cui Gustav Klimt si è formato: una famiglia di artisti, il padre Ernest fu orafo e i fratelli Ernst e Georg furono a loro volta pittori. Di sicuro interesse le placche sbalzate in stile liberty del padre.
La parabola dell'artista è raccontata soprattutto attraverso i ritratti femminili, sia dipinti che grafici mostrando l'evoluzione stilistica del pittore, poco spazio è lasciato ai paesaggi anche se il Giardino con galline nel monastero di Sant'Agata è un'opera peculiare che si lascia ricordare.
Il rapporto con la secessione viennese è raccontato attraverso opere di grafica, arredi, gioielli e ceramiche, oltre alle opere di altri grandi artisti come Fernand Khnopff con Maschera bianca, Franz von Stuck con Medusa...
Se diverse opere, anche klimtiane, sono state gia viste nelle esposizioni degli ultimi anni (Le due amiche erano nella locandina della mostra di Rovigo sulle Secessioni europee del 2017-18) la sezione degli epigoni italiani di Klimt è quella che riserva più sorprese, mi è piaciuta molto la Salomé di Emma Bonazzi e l'Allegoria dell'annessione del Trentino all'Italia di Ugo Bonazzi; ad introdurre la sezione è esposta, in tutta la sua magnificenza i quattro pannelli del ciclo Le Mille e una notte (1914) di Vittorio Zecchin e poi è esposto anche uno dei dipinti più visti sui social, Il sogno del melograno di Felice Casorati, pur avendolo sotto gli occhi quasi quotidianamente, dal vivo mi hanno colpito il dettaglio delle scarpe e il cartiglio della firma.
Per tornare a Klimt, non manca una riproduzione del Fregio di Beethoven nella sua interezza, ottimamente spiegato, mentre Medicina opera perduta, è stata ricostruita digitalmente presso l’Ex Chiesa del Carmine.
12 aprile 2022 - 24 luglio 2022
Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza
social