USA 2024, Warner Bros
con Timothée Chalamet, Zendaya, Austin Butler, Christopher Walken, Florence Pugh, Léa Seydoux, Rebecca Ferguson, Josh Brolin, Dave Bautista, Javier Bardem, Stellan Skarsgård, Charlotte Rampling, Stephen Henderson, Souheila Yacoub
regia di
Denis Villeneuve
Paul Atreides e sua madre Lady Jessica si uniscono ai Freemen mentre il giovane si unisce ai guerriglieri che attaccano le astronavi degli Arkonnen, Lady Jessica assume tutte le memorie della Reverenda Madre morente. Il rito influisce anche su Alia, la bambina di cui è incinta che sviluppa poteri telepatici. Intanto Paul s’innamora di Chani, la ragazza presente nelle sue visioni. Mentre Chani e gli altri giovani non credono alla profezia di un liberatore, Lady Jessica fa di tutto perché Paul sia identificato con il Lisan al-Gaib tanto atteso fino a fargli bere l’Acqua della Vita: la sopravvivenza di Paul al rito lo identifica definitivamente con il liberatore. Intanto il barone Vladimir Harkonnen, deluso dalle perdite subite dal nipote Rabban, decide di affidare il controllo di Arrakis all’altro nipote, Feyd-Rautha, su cui si posano anche le attenzioni delle Bene Gesserit, nonostante il giovane sia chiaramente psicopatico. Con i poteri onniscienti ottenuti dall’Acqua della Vita, Paul decide di dedicarsi alla vendetta del padre, sfidando a duello Feyd-Rautha e distruggendo la casata degli Harkonnen poi elimina anche l’imperatore, mandante della distruzione della sua casata. Paul decide di sposare Irulan, la figlia dell’imperatore per legittimare la sua presa di potere ma le altre case rifiutano di riconoscere la sua ascesa e anche Chani se ne va delusa dal suo comportamento.
Avevo letto Dune poco prima dell’uscita del dittico di Villeneuve e, in pieno hype per Il Trono di Spade, pensavo che il romanzo fosse perfetto per una grandiosa serie tv e ne sono ancora convinta nonostante la bontà del lavoro del regista canadese: il romanzo propone un universo di personaggi che i due film dedicati al primo romanzo riducono talmente da non riuscire mai ad approfondire le figure di contorno e quindi anche alcuni snodi della trama.
Gli eventi che nel romanzo si svolgono in anni, nei due film si compiono in pochi mesi: Alia resta allo stato fetale per tutto il film e solo in una visione la vediamo adulta (la interpreta Anya Taylor-Joy).
Sicuramente uno dei personaggi più rimarchevoli di questa seconda parte è il vilain Feyd-Rautha, anche per la scelta dell’attore che lo interpreta: suscita sicuramente sconcerto, in chi l’ha riconosciuto, ritrovare Austin Butler in un ruolo così particolare dopo esser stato l’Elvis di Baz Luhrmann.
Nella durata del film il ruolo di Feyd-Rautha rimane poco più di un cameo che si fa ricordare per le atmosfere cupe del pianeta Giedi Prime, dove la scarsa attività di fotosintesi permette alla scenografia di giocare con reminiscenze di architetture del Terzo Reich nel bianco e nero della fotografia.
La seconda parte di Dune conferma e amplifica quanto visto nel primo segmento: pur essendo un film d’autore dal grande potenziale immaginifico, l’opera ricalca l’immaginario fantasy e sci-fi: i vermi si cavalcano come i draghi, le navi Harkonnen distruggono come la Morte Nera, Irulan ha una cuffia che ricorda quella dell’Imperatrice Bambina de La storia infinita; il grande sforzo -e assai pregevole- è la ricostruzione scenografica delle architetture dei vari pianeti in stili completamente differenti ma profondamente identificativi del mondo o della casata in questione.
Una scelta stilistica che rende ancora più facile la sovrapposizione con la situazione politica dei nostri tempi, tra fondamentalismi e guerre.
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