Italia 1988
con Caterina Boratto, Enzo Cannavale, Silvio Ceccato, Riccardo Cucciolla, Luciano De Crescenzo, Vanessa Gravina, Patrizia Loreti, Riccardo Pazzaglia, Renato Scarpa, Grazia Scuccimarra, Massimo Serato
regia di Luciano de Crescenzo
Una riflessione filosofica sul tempo divisa in tre episodi: nel primo, Ypocrites, due figuranti vengono assunti dalla signora Sanfilippo: il loro ruolo sarà fingersi i filosofi greci Aristippo e Antistene per seguire gli insegnamenti del signor Sanfilippo che si crede Socrate, l’operazione è supervisionata dallo psichiatra che segue il malato ma Salvatore e Saverio scopriranno che la pazzia regna su tutti i membri della famiglia.
Il secondo episodio, La gialla farfalla,, ha per protagonista Carlotta una piacente nonna sessantacinquenne che insegue il proprio sogno d’amore con lo spiantato Ferruccio gettando nello scompiglio i figli che sono preoccupati per l’eredità, ma con l’aiuto della nipotina Carlotta riuscirà a coronare la sua fuga romantica.
Il terzo e più celebre capitolo s’intitola I penultimi fuochi e narra di Alfonso Caputo, un povero disoccupato che impiega tutta la giornata dell’ultimo dell’anno per racimolare i soldi per festeggiare con la famiglia senza riuscirci. Mentre il rione esplode di fuochi d’artificio, i Caputo sono a letto sconsolati ma Alfonso promette che appena avrà i soldi farà festeggiare ai figli una fine d’anno come si deve. Riesce a mantenere la promessa il 12 gennaio ma il questore, suo vicino di casa che la notte di San Silvestro aveva sparato i fuochi più rumorosi, lo querela per disturbo della quiete pubblica…
Penultimo dei quattro film diretti dal filosofo e personaggio televisivo Luciano De Crescenzo, 32 dicembre si apre sulla litografia Relatività di M.C. Escher del 1953 che fa da sfondo ai titoli di testa dei tre episodi.
Come l’opera scelta, i tre apologhi di De Crescenzo sono paradossi che hanno come filo conduttore il tema del tempo e la presenza del regista in ruoli esplicativi, lo psichiatra, il confessore e l’astronomo con cui interagiscono i protagonisti delle tre vicende ricevendo lezioni filosofiche sul concetto del tempo, da prendere con beneficio d’inventario, se nel primo episodio lo psichiatra viene qualificato altrettanto pazzo quanto i suoi presunti pazienti.
È infatti la leggerezza il registro scelto per sviluppare le trame, del resto De Crescenzo fu sodale di Arbore e l’humus di divertita intelligenza tipica dei programmi di Arbore ritorna anche nella cinematografia di De Crescenzo, soprattutto nel primo episodio con i giochi di parole sulle “notizie di Diogene” .
Il tempo non esiste è la conclusione spicciola del film che sottolinea anche l’importanza di farsi i fatti propri e lasciar vivere gli altri secondo la loro personale pazzia, lasciando che un’anziana signora viva un ultimo amore senza che i figli si preoccupino della sua eredità, o che un fratello economicamente disagiato debba subire ‘“la mezz’ora” di umiliazioni da parte del fratello affermato per poter avere centomila lire il giorno di San Silvestro.
I tre episodi sono disomogenei, per me sono in crescendo nel senso che ho apprezzato molto anche il secondo episodio che di solito è il più bistrattato, mi è piaciuta l’atmosfera (le scene sentimentali a Capri virate in colori caldi come in un film muto) e la presenza di vecchie glorie come Caterina Boratto e Massimo Serato. Indiscutibile la superiorità dell’ultimo episodio dove emerge tutto l’amore del regista per gli aspetti più contraddittori di Napoli.
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