con Tony Musante, Suzy Kendall, Enrico Maria Salerno, Eva Renzi, Mario Adorf, Umberto Raho, Renato Romano, Giuseppe Castellano, Pino Patti, Karen Valenti, Carla Mancini, Rosita Toros, Werner Peters, Reggie Nalder, Omar Bonaro, Fulvio Mingozzi, Gildo Di Marco
regia di Dario Argento
Lo scrittore americano Sam Dalmas dopo una deludente parentesi in Italia, sta per tornare in patria quando una sera assiste a un tentato omicidio in una galleria d’arte. Il suo intervento mette in fuga l’assassino ma lo rende anche un sospettato e il commissario di polizia che segue il caso gli ritira il passaporto; costretto ad allungare il soggiorno italiano, Sam si appassiona al caso perché c’è un dettaglio che non gli è chiaro nella scena in cui ha assistito tanto da rischiare la propria vita e quella di Giulia, la sua ragazza…
A scatenare la furia omicida del killer è un quadro naïf, ed elementi naïf (non intesi in accezione negativa) possiamo ritrovarli anche nel notevole esordio di Dario Argento che dà vita al primo capitolo della cosiddetta Trilogia degli animali perché nei titoli si citano degli animali.
Le esperienze antecedenti di Dario Argento sono da sceneggiatore per Sergio Leone in C’era una volta il west e nel film non mancano dettagli degli occhi tipici degli spaghetti western, all’esordiente regista tornano utili per sottolineare la sua teoretica della visione, sull’inganno dello sguardo dello spettatore e del protagonista: Sam Dalmas vede qualcosa che è talmente insolito che la mente lo registra con il significato opposto anche se persiste la sensazione di disagio.
Pur portando il giallo italiano a un livello superiore, Argento segue un solco ben preciso e molto deriva dalle pellicole di Bava degli anni precedenti, a partire dai famigerati guanti neri diventati simbolo per antonomasia dei killer argentiani ma che in realtà sono già presenti in Sei donne per l’assassino di Mario Bava del 1964.
Ovviamente non può mancare l’omaggio al maestro per eccellenza di Dario Argento, sir Alfred Hitchcock, tanto da chiamare Reggie Nalder che aveva lavorato per Hitch ne L’uomo che sapeva troppo e che qui ha il ruolo dell’uomo col giubbotto giallo incaricato di eliminare Dalmas.
Pare che l’incontro con l’attore sia stato fortuito; ben più ragionata l’applicazione di una regola del maestro gel giallo, quella di mostrare l’assassino nelle prime scene (anche se la sua identità omicida verrà svelata in un secondo tempo, vedi Giovane e innocente o Frenzy, per spaziare tra gli estremi della carriera hitchcockiana).
Nella silhouette infagottata del killer possiamo riconoscere la silhouette de Il pensionante e una delle immagini più emblematiche del film viene replicata durante l’aggressione a Giulia mostrata accasciata con le braccia avvinghiate all’inferriata, esattamente come Il Pensionante inseguito dalla folla
L’uccello dalle piume di cristallo anticipa tutta la passione di Dario Argento per l’elemento artistico che assume un ruolo fondamentale nella costruzione dei sui film, la pittura che tornerà con valenze diverse in Profondo Rosso: sarà l’elemento che confonde la visione e sarà addirittura ricostruzione della scenografia con la rappresentazione di Nighthawks di Hopper.
Anche l’architettura ha un ruolo interessante nella bella scena della tromba delle scale triangolare nel terzo omicidio che diventerà poi l’esaltazione del liberty di Villa Scott sempre in Profondo Rosso e degli spazi della scuola di danza di Suspiria.
Una menzione anche all’originale colonna sonora di Morricone, ripresa da Tarantino in Grindhouse.
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