Italia 2023
con Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawagodo, Hichem Yacoubi, Doodu Sagna, Khady Sy, Venus Gueye, Oumar Diaw, Joe Lassana, Mamadou Sani, Bamar Kane, Beatrice Gnonko
regia di Matteo Garrone
Seydou e Moussa sono due adolescenti senegalesi che, nonostante il parere contrario delle famiglie, sono decisi di tentare la grande avventura e venire in Europa in cerca di fortuna. Scopriranno che la realtà del viaggio è ancora più drammatica di quanto raccontato da chi li sconsigliava. Dopo esser stati divisi i due ragazzi si ritrovano a Tripoli, Moussa è ferito, colpito da un proiettile mentre fuggiva dai suoi aguzzini, per evitare che la gamba vada in cancrena e venga amputata, Seydou accetta di guidare un’imbarcazione per portare il cugino in Italia e farlo operare: nonostante il compito sia più grande di lui, il ragazzo riesce a portarlo a termine con successo.
Circa vent’anni fa usciva nei cinema italiani Sotto il sole nero, una commedia che raccontava di un fittizio canale televisivo che realizzava finti filmati da rispedire alle famiglie in Africa per dimostrare il presunto successo ottenuto in Italia dai migranti, oggi il film di Garrone si apre chiarendo che chi lascia l’Africa in cerca di fortuna lo fa ben conscio dei rischi che corre e oltre a chi deve scappare per motivi umanitari, ci sono anche ragazzini che con l’incoscienza della loro età sono convinti di poter arrivare in Europa e sfondare come calciatori o musicisti, come nel caso di Seydou e Moussa che fuggono di nascosto dopo che la madre di Seydou gli ha negato il permesso: durante l’intenso dialogo tra madre e figlio a me veniva in mente la canzone popolare “mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar…” a dimostrazione che tutto il mondo è paese e i giovani avrebbero il sacrosanto diritto di poter girare il mondo e cercare fortuna dove desiderano, anzi visti i rischi noti più che un diritto è un’insopprimibile necessità.
Quella dei due ragazzi è un’odissea, una discesa negli inferi dello sfruttamento di questa migrazione epocale: il racconto parte dai colori squillanti di Dakar in una situazione familiare quasi edulcorata ma come ci racconta il delirio dopo la tortura, la casa natìa resta sempre il rifugio ideale;la storia si conclude nella notte al largo delle coste italiane con le immagini di un elicottero che sembra uscito da un servizio giornalistico: dal sogno alla realtà, dall’infanzia alla vita adulta perché -è inutile raccontarlo- l’arrivo in Italia non è certo la fine delle traversie, é noto il destino dell’adolescente incarcerato come scafista a cui s’ispira la storia di Seydou.
In mezzo c’è la presa di coscienza dell’orrore, i tradimenti di chi ha promesso un facile viaggio e poi ti lascia nel mezzo di un deserto da attraversare a piedi, le continue richieste di denaro che diventano vessazioni e torture. L’incontro dell’umanità in mezzo all’indicibile nella figura del muratore che prende Seydou sotto la sua ala e la scelta del ragazzo di restare a Tripoli nella certezza di ritrovare il cugino.
Al film è stata spesso mossa la critica di mostrare una versione edulcorata della realtà: poca insistenza sulle torture, il viaggio in mare che tutto sommato procede senza grosse difficoltà eppure io un messaggio politico ce lo vedo: aldilà delle politiche migratorie europee, sarà molto complicato smantellare questo traffico di migranti che ha creato una grossa fonte di guadagno per una lunga filiera di persone.
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