Banshun
Giappone 1949
con Setsuko Hara, Chishū Ryū, Haruko Sugimura, Yumeji Tsukioka, Hohi Aoki, Jun Usami, Kuniko Miyake, Masao Mishima
regia di Yasujirō Ozu
La ventisettenne Noriko non vuole sposarsi per accudire l’anziano padre, il professore Shukichi Somiya. L’uomo le fa credere di avere intenzione di sposare una vedova per lasciare la figlia libera di vivere la sua vita
Il film più celebre di Ozu dove si delinea la tematica portante delle opere del maestro giapponese, l’evoluzione del microcosmo famigliare piccolo borghese all’interno di una nazione che affronta la modernità.
Shukichi e la figlia sono sicuramente personaggi moderni che hanno trovato un loro equilibrio messo in discussione dalla zia
Masa che rappresenta la tradizione, posizione introdotta dalla sua critica al comportamento ritenuto sconveniente di una giovane sposa durante la festa di nozze con il professore che giustifica le intemperanze dei giovani sopravvissuti alla guerra.
Shukichi cede alle ingerenze della zia e prima chiede alla figlia se è interessata al suo assistente, Hattori scoprendo così che il giovane è fidanzato e in procinto di sposarsi, poi finge di voler risposarsi con una vedova per indurre la figlia al matrimonio.
La notizia in realtà addolora profondamente la ragazza (complesso di Eletra?) che già aveva ritenuto immorale il secondo matrimonio di un collega del padre.
Durante un ultimo viaggio a Kyoto Noriko rivede le sue posizioni sulle seconde nozze dell'amico del padre e dopo un ultimo confronto col genitore decide di accettare il matrimonio combinato.
È singolare che il promesso sposo di cui si continua a parlare per tutta la seconda parte del film non compaia mai in scena mentre si sviscera il rapporto amicale era Noriko e Shuichi Hattori: la passeggiata in bici e il rifiuto di Noriko di andare a un concerto con il ragazzo col dettaglio del cappello di Shuichi che tiene inutilmente il posto alla ragazza.
Il film analizza quindi la realtà contingente di Noriko e come viene modificata dalla sola idea di affrontare le nozze.
Allo studio psicologico dei personaggi si accompagna uno stile cinematografico altrettanto delicato e suggestivo: le inquadrature sono praticamente a telecamera fissa, campi lunghi alternati a primi piani dei volti, gli esterni dall’orizzonte molto basso con le figure che si stagliano contro il cielo vuoto in opposizione agli interni dove la profondità di campo sugli ambienti creano un complesso gioco geometrico, la contemplazione senza un punto di vista definito sulla natura esterna o su semplici composizioni di vasi negli interni, tutto ci parla di una riflessione sul tempo che scorre, sull’accettazione e lo spirito di adattamento alle nuove fasi della vita, nel continuo mutare delle onde che aprono e chiudono il film
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