Itala 1975
con Marina Malfatti, Enzo Tarascio, Daniela Caroli, Georg Willing, Nino Castelnuovo, Lucio Dalla, Claudio Biava, Dominique Boschero, Barbara Marzano
regia di Riccardo Ghione
Mentre l'investigatore di un'agenzia internazionale scopre che alcune bottiglie di vino in realtà contengono sangue, nella provincia di Piacenza, un ricco ragazzotto raccoglie prostitute, zingare, ubriaconi e hippies per ospitarli a casa della sorella e del cognato. Il trio ospita la "feccia della società" per ucciderli senza suscitare clamore e utilizzarne il sangue ma mentre il dottor Genovese vorrebbe usarlo per creare un superuomo, la moglie più prosaicamente lo rivende a peso d'oro nei paesi in guerra. Il poliziotto arriverà per salvare almeno due delle tante vittime.
Bizzarro e sconclusionato horror dalle venature fantascientifiche che nella sua assurdità diventa persino affascinante anche se non c'è mai un brivido di paura.
Come dice una vecchia locandina è l'unico film girato interamente a Fiorenzuola: la provincia piacentina, il tema del vino anticipano in parte le tematiche del gotico padano che l'anno successivo avrebbe avuto il suo momento di gloria con La casa dalle finestre che ridono.
Se vogliamo inserire la pellicola in una categoria horror potremmo dire che rappresenta un'evoluzione del vampirismo: il robottone costruito da professor Genovese ha un lungo braccio uncinato che preleva tutto il sangue della vittima imbottigliandolo per gli usi più beceri della pazza famiglia: nel suo delirio nazistoide Genovese vorrebbe creare un superuomo di stampo ariano ma non se ne vedono i risultati nonostante la visita offerta alla ragazza hippie del laboratorio. La moglie Nina e suo fratello Alfiero preferiscono rivendere il sangue spedendolo come bottiglie di Gutturnio nelle zone di guerra dove il liquido non ha prezzo. La critica sociale è chiara tanto che a salvarsi sono solo i due giovani hippies che nella scena finale riprendono a il loro girovagare incuranti della brutta avventura.
Del tutto inconsistente la trama dell'indagine dell'agente dell'UNESCO, la fantomatica agenzia antifrode internazionale che non ha nulla a che fare con l'organizzazione culturale che tutti conosciamo, Nino Castelnuovo procede sicuro verso la destinazione finale, la villa dei Genovese, dove sbaraglia con ben poca fatica l'aitante Alfiero armato di fucile e il resto della famiglia.
Nonostante siano più i difetti che i pregi della pellicola, ci sono alcune scene che potrebbero essere anche citazioni colte, ad esempio il festino nella camera con gli specchi deformanti in cui si entra attraverso un tendone-vagina di cui ridono persino gli ospiti, potrebbe essere solo un'idea per aggirare la censura ma poi mi è venuto in mente il lavoro del fotografo André Kertész sulle distorsioni allo specchio e anche l'odio che Nina ha verso lo stravagante marito, in una battuta mi ha richiamato alla mente niente meno che Madame Bovary, l'episodio dello storpio: anche Nina è zoppa ma durante la cena fissando il marito ricorda che anche lei una volta correva benissimo: un'allusione alla scarsa abilità medica di Genovese che rimanda a quella di Charles Bovary?
Resta buona la prova attoriale del malefico trio e anche quella stralunata di Lucio Dalla nei panni del barbone ubriaco ma abbastanza lucido da rendersi conto per primo delle stranezze della villa. Il cantante firma e interpreta anche la canzone omonima, colonna sonora dei titoli di testa e di coda.
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