E' noto che quando una mostra fa riferimento a un artista importante e poi aggiunge una congiunzione, l'artista del titolo è solo di richiamo e a volte l'evento si rivela una mezza fregatura, con l'eposizione di molti coesi o seguaci senza un pensiero critico. Non è certo il caso della mostra milanese che si chiuderà domani.
La mostra spende spunto dal grande e longevo maestro del Rinascimento veneziano per praticare un excursus sulla condizione femminile nel XVI secolo, a Venezia, città colta e cosmopolita che in quegli anni ospita La querelle des femmes, una disputa sulla parità dei sessi che infiamma l'Europa e che proprio a Venezia trova una folta comunità di intellettuali femminili che partecipano in prima persona al dibattito.
La prima sala della mostra racchiude i due estremi del modello femminile in pittura: La tentazione di Adamo ed Eva del Tintoretto dialoga con la Madonna col Bambino o Madonna Zingarella di Tiziano raccontando tutta la parabola femminile: dalla causa della cacciata dal Paradiso terrestre allo strumento di Redenzione dell'umanità.
Tiziano è stato un ritrattista di donne in un epoca in cui la ritrattistica femminile di donne realmente esistenti non era pratica così diffusa, ma soprattutto il Ritratto di Eleonora Gonzaga della Rovere diventa un modello della virtù femminile nella compostezza della posa e nei simboli di fedeltà e pazienza (il cane e l'orologio).
Commovente il Ritratto di una bambina di casa Redetti di Giovanni Battista Moroni che mostra una graziosa bimba compunta nei lussuosi abiti che testimoniano il suo rango: la mostra non presenta solo quadri ma anche sculture e gioielli, le sculture spesso sono opere o riproduzioni classiche, inutile ribadire in questa sede il legame tra il Rinascimento e l'antico, interessante notare però come il ritratto in questione dialoghi con una scultura classica di un busto di bambino a ricordare come nel Rinascimento torno l'attenzione verso l'infanzia che era scomparsa nel Medio Evo.
Un modello tipicamente veneziano è quello delle Belle ritratti idealizzati a mezzobusto di bellissime figure femminili di cui è maestro Palma Il Vecchio.
Con riferimenti a studi più o meno recenti la mostra testimonia come quelle che spesso sono considerate immagini di cortigiane in realtò fanno riferimento a una simbologia ben precisa della tradizione matrimoniale o di fidanzamento: il seno nudo, di cui uno dei primi esempi è dato dalla Laura di Giorgione, figura ignota che prende il nome dalla pianta di lauro alle sue spalle, il seno nudo dicevamo non è un simbolo di meretrico ma un'offerta di purezza di cuore e amore.
Da quest'ottica vengono rilette altre composizioni tipiche del periodo, quello delle coppie: Gli amanti di Baris Bordone o di Bernardino Licinio rappresentano quindi una proposta di matrimoniale, uno scambio di doni tipici, la collana d'oro, davanti a un testimonio e non l'accordo per un appuntamento galante.
Non mancano le figure di sante e eroine storiche o bibliche: Giuditta, Maria Maddalena, Susanna e i Vecchioni, e Lucrezia, la matrona romana che si suicida dopo la violenza subita.
L'ideale di bellezza femminile, sempre confrontato con la statuaria classica, torna nelle allegorie e nelle figure mitologiche: Europa, Danae, le Muse e Venere creano un patrimonio di bellezze muliebri su cui i maestri rinascimentali esibiscono le loro conoscenze anatomiche ritraendole nelle pose più svariate, spesso con i loro amanti.
Dopo questo volo pindarico nelle bellezze ideali, si arriva alle figure femminili più interessanti, le protofemministe letterate da Gaspara Stampa di cui c'è un'incisione fino alla figure più complesse di Tullia d'Aragona o Veronica Franco, valenti poetesse e raffinate cortigiane.
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