USA 1978
con William Holden, Marthe Keller, José Ferrer, Hildegarde Knef, Frances Sternhagen, Mario Adorf, Michael York, Stephen Collins, Henry Fonda, Arlene Francis
regia di Billy Wilder
Quando Fedora, diva del cinema che sembra sfidare il tempo, si suicida buttandosi sotto il treno, il produttore Barry Detweiler che l'aveva ricontattata poto tempo prima per proporle un film che rileggeva Anna Karenina, si chiede se il suo tentativo di far tornare la diva sullo schermo non sia la causa del suicidio ma il giorno della veglia funebre scoprirà tutti i misteri che si celano dietro il personaggio di Fedora...
Quasi trent'anni dopo Viale del Tramonto, Billy Wilder, al suo penultimo film, torna ad indagare i misteri e le follie del divismo hollywoodiano in un film speculare al precedente capolavoro: Norma Desmond era una sopravvissuta al suo tempo la cui follia nasceva dal non volersi rassegnare all'essere dimenticata, Fedora e la figlia Antonia hanno sacrificato tutto al mito intramontabile della diva: la madre è vittima del tentativo forsennato di mantenere la leggendaria bellezza che la riduce su una sedia a rotella, la figlia che ha avuto un rapporto ambivalente con la madre, interpretandola per gioco, solo per ricevere l'Oscar alla carriera, finisce per diventare a sua volta schiava del personaggio che nell'infanzia le ha rubato la madre e ora le ruba l'amore dell'attore Michael York a cui non può confessare di essere coetanea, scivolando lentamente nella pazzia.
La pellicola non risparmia sarcastiche batture sulle nuove correnti cinematografiche, dal neorealismo al free cinema, è il testamento di Billy Wilder che ha molto in comune con il film testamento di Vincente Minnelli, Nina: rimpianto del bel tempo andato e una figura femminile misteriosa e sopra le righe su cui verte la storia: del resto è stato il cinema il primo mezzo a esaltare lavorativamente la figura femminile, addirittura più degli uomini anche se il prezzo di questa gloria spesso è stato altissimo, tanto da rendere credibili queste opere che vertono sulla follia della gloria perduta.
Il legame con Viale del tramonto è rimarcato dalla scelta dello stesso protagonista, William Holden e il film prende inizio dalla sua voce off che racconta i flash back precedenti alla sua morte nel capolavoro del 1950 e a quello di Fedora nell'omonimo film del 1978.
Sicuramente più imperfetto del film del 1950, Fedora ha un fascino più sulfureo: sono passati trent'anni anche per il regista che con la lucidità che lo contraddistingue riconosce non solo la fine imminente della sua carriera ma la morte del cinema classico, non per nulla la seconda parte del film si svolge nella cappella dove è esposto il corpo della diva: attraverso le imposizioni drastiche della contessa Sobryanski (la vera Fedora) Wilder celebra il funerale del cinema a cui è appartenuto ricordando che l'uscita di scena è la parte più importante della recitazione, quindi Fedora è un atto d'amore per il cinema classico, sardonico come il regista in questione. Da notare che il ritratto che rappresenterebbe la contessa Sobryanski è un'elaborazione di Sogni di Vittorio Matteo Corcos: penso basti il titolo a sottolineare il legame con "la fabbrica dei sogni" del cinema.
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