Italia 1963
con Michèle Mercier, Lydia Alfonsi, Milo Quesada (episodio Il Telefono)
Boris Karloff, Mark Damon, Susy Andersen, Glauco Onorato, Rika Dialina, Massimo Righi (episodio I Wurdalak)
Jacqueline Pierreux, Milly Monti, Harriet Medin, Gustavo Di Nardo (episodio La goccia d'acqua)
regia di Mario Bava
Film a episodi tratto da importanti scrittori del passato anche se il primo episodio, Il Telefono viene erroneamente attribuito a Maupassant ed è di F.G. Snyder e il Tolstoj del secondo capitolo è solo un cugino di secondo grado del grande Lev Tolstoj, potremmo anche dire che il livello degli episodi segue la fama degli autori da cui sono tratti.
Il Telefono racconta di una donna che inizia a ricevere delle telefonate prima mute poi minacciose, l'ansia cresce perchè è appena uscito di prigione l'ex amante arrestato con la sua testimonianza. Rosy chiama allora Mary, una donna con cui ha avuto una relazione. Sì scoprirà che è stata proprio Mary ad inscenare il macabro scherzo per potersi riavvicinare a Rosy ma il destino è beffardo e Frank si presenta a casa di Rosy per vendicarsi, paradossalmente la vittima designata sarà l'unica a sopravvivere alla notte da incubo.
Episodio stringato assai poco pauroso dove funziona solo la tensione procurata dalle prime telefonate, l'ambientazione è contemporanea anche se il gusto barocco e i colori innaturali che caratterizzano tutto il film dominano la scenografia
I Wurdalak è l'episodio più lungo dei tre e vanta la presenza della star internazionale del genere horror, Boris Karloff che interpreta il vecchio Gorca.
Il viandante Vladimir D'Urfe trova un cadavere decapitato sul greto di un fiume, si reca nella fattoria più vicina dove trova una famiglia in apprensione: sono i figli di Gorka che attendono il padre partito sulle tracce di un bandito e wurdalak turco, raccomandandosi di non riaccoglierlo in casa se starà via più di cinque giorni. Il vecchio torna pochi minuti dopo la mezzanotte a ultimatum scaduto da pochissimo e viene accolto in casa; ovviamente anche lui è diventato un vampiro e si accanisce sui famigliari. La bella Sdenka ha la possibilità di fuggire con Vladimir che si è innamorato di lei ma inseguita dai parente, viene contagiata. Sdenka torna a casa e vampirizza anche Vladimir che è tornato a cercarla.
Una classica storia gotica piuttosto prevedibile ma il vecchio Karloff sa essere inquietante al punto giusto. La storia è ambientata all'inzio del XIX secolo e il il punto di forza è proprio l'ambientazione che trasuda il romanticismo malato della trama (i vurdalak vampirizzano solo le persone che amano): i paesaggi innevati sotto la luna, il vecchio convento dove trovano rifugio Sdenza e Vladimir che sembra uscito da un dipinto di Caspar David Friedrich.
La goccia d'acqua è l'episodio più riuscito anche se l'insistenza sul manichino del cadavere della medium è talmente ridondante da rovinare la tensione.
L'infermiera Helen Chester viene chiamata nel cuore della notte dalla vecchia governante di una ricca e stramba contessa: la donna è appena deceduta e la governate ha bisogno dell'aiuto di Helen per vestire e preparare il cadavere. Rimasta sola con la salma, Helen nota un bellissimo anello e non resiste alla tentazione di rubarlo. Sfilandolo dal dito della morta, l'anello cade, Helen si china per raccoglierlo e urta il comodino, si rovescia un bicchier d'acqua e nel contraccolpo un braccio della contessa la colpisce in testa. Sarà l'inizio di una persecuzione sempre più spaventosa che culmina con morte per crepacuore dell'infermeria ma la portinaia che ha scoperto il cadavere di Helen non ha saputo a sua volta resistere al fascino del malefico anello...
L'episodio più riuscito gioca tutto sulla suggestione: come detto prima se non fosse per l'insistenza sull'orrido cadavere della contessa sarebbe veramente un perfetto gioiello sugli effetti del senso di colpa.
Il film è ambientato a inizio novecento e i giochi di luce fluo nel vecchio cadente castello della contessa con le stanze piene di gatti sono eccezionali, del resto sulla maestria di Bava come direttore della fotografia non c'è più nulla da aggiungere.
Con il solito spirito di sfuttare al massimo le occasioni, tipico delle produzioni a basso costo, la presenza di Boris Karloff viene sfruttata per la cornice che introduce e chiude i tre episodi. Se l'inizio è piuttosto prevedibile: un discorso sulla paura a cui non mancano i tocchi ironici, il finale è davvero geniale nello svelare i trucchi scenici: Karloff è ancora sul cavallo del secondo episodio ma la macchina da presa arretra per mostrare che si tratta di un cavallo meccanico con il fondale che scorre e la vera sarabanda (infernale?) è quella dei tecnici che corrono con le frasche in mano per simulare gli alberi agitati dal vento.
Il film è uscito con il titolo internazionale inglese di Black Sabbath e sì, il famoso gruppo metal inglese ha preso il nome proprio dal film di Bava che per l'occasione si firmava John Old.
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