Mark of the Vampire
USA 1935 MGM
con Lionel Barrymore, Elizabeth Allan, Bela Lugosi, Lionel Atwill, Jean Hersholt, Henry Wadsworth, Donald Meek, Jessie Ralph, Ivan F. Simpson, Franklyn Ardell, Leila Bennett, June Gittelson, Carroll Borland, Holmes Herbert, Michael Visaroff
regia di Tod Browning
Nonostante lo scetticismo della polizia, la morte improvvisa di Sir Karell Borotyn sembra proprio causata dai vampiri. Quando le malefiche creature iniziano ad accanirsi anche su Irena, la figlia di Borotyn, viene chiamato il professor Zelen, esperto in arti magiche che utilizza tutti i metodi per sconfiggere i vampiri ma scopre anche il vero assassino...
E' difficile dare un parere su I Vampiri di Praga, il film è il remake sonoro di London After Midnight del 1927 con Lon Chaney, film considerato irrimediabilmente perduto. Come non bastasse la versione sonora del film è stata censurata e sforbiciata di circa una ventina di minuti quindi è veramente difficile comprendere gli intenti del regista.
La questione ovviamente gira tutta attorno al colpo di scena finale dove si annulla totalmente l'elemento sovrannaturale in favore di una spiegazione razionale annullando il coté horror della pellicola per trasformarla in un giallo: la mistery comedy era un genere molto in voga alla fine degli anni '20 ma come interpretare questo film diretto dal regista che ha firmato Dracula, dando vita alla grande stagione dei mostri horror? E' un ritorno al passato o un superamento definitivo del genere? Difficilmente si potrà avere una risposta.
Personalmente ho trovato molto divertente il plot twist finale e mi ha permesso di apprezzare a posteriori alcune caratteristiche del film che avevo trovato un po' pesanti: il conte Mora (Bela Lugosi) e la figlia Luna appaiono sullo stesso scalone del set originale di Dracula che scendono tra un eccessiva attenzione registica per tutti gli animali simbolici legati ai vampiri: blatte, ragni, ratti e pipistrelli. Un profluvio davvero esagerato che però trova un senso se si pensa che è una mistificazione teatrale come poi ci rivelerà la sceneggiatura; anche dal punto di vista autoriale è come se Browning ci volesse avvisare, con questa insistenza, che stiamo vedendo qualcosa di diverso da Dracula.
Nonostante lo scetticismo della polizia, la morte improvvisa di Sir Karell Borotyn sembra proprio causata dai vampiri. Quando le malefiche creature iniziano ad accanirsi anche su Irena, la figlia di Borotyn, viene chiamato il professor Zelen, esperto in arti magiche che utilizza tutti i metodi per sconfiggere i vampiri ma scopre anche il vero assassino...
Bela Lugosi non parla mai durante il film, ha solo la battuta finale ironica e profetica al tempo stesso in cui il teatrante che interpreta decide che d'ora innanzi interpreterà solo vampiri. A mordere le vittime è più Luna, l'iconica figlia vampiro, va detto che gli attacchi vampireschi sono molto pochi e poco mostrati nel film, altro elemento che dovrebbe far capire allo spettatore che quello a cui sta assistendo è qualcosa di diverso dall'horror. Il legame tra i vampiri e le loro vittime è affidato più a un potere ipnotico sottolineato da una notevole colonna sonora.
Il legame tra i due vampiri dovrebbe essere la causa della censura del film: Lugosi ostenta una visibilissima chiazza di sangue sulla tempia di cui non è data nessuna spiegazione, pare che la parte censurata alluda proprio alla trasformazione del conte Mora in vampiro, maledetto per essersi suicidato con un colpo di pistola alla tempia dopo aver strangolato la figlia che lo segue nella maledizione a causa del loro legame incestuoso.
Anche la figura del professor Zelen si discosta da quella classica di Van Helsing, l'esperto in questione interpretato da Lionel Barrymore, parla molto e discetta su leggende e rimedi contro i vampiri ma l'intento è quello di distrarre il vero colpevole per ipnotizzarlo e farlo confessare.
Penso che Tod Browning avesse ben compreso l'impatto mediatico di Dracula e quattro anni dopo fosse già in grado di giocare con gli stereotipi del personaggio e del genere horror allora in auge, non dimentichiamo la scena iniziale della zingara nel cimitero: le lunghe vesti della donna restano impigliate nella mano scheletrica fuoriuscita da una bara sfondata. Molto probabilmente il pubblico non era ancora pronto, di certo la meno accorta, come sempre, resta la casa di produzione con la sua censura.
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