Italia 1953, Lux Film
con Totò, Carlo Campanini, Aldo Giuffré, Isa Barzizza, Primarosa Batistella, Mario Castellani, Dino Curcio, Peppino De Martino, Christiane Dury, Franca Faldini, Giacomo Furia, Amedeo Girard, Guglielmo Inglese, Nicola Maldacea Jr., Enzo Turco, Anna Vivaldi, Vinicio Sofia, Anna Campori, Totò Mignone, Valeria Moriconi, Mario Passante, Edith Jost, Ignazio Balsamo, Liana Billi
regia di Mario Mattoli
Felice Sciosciammocca, forzuto e donnaiolo, finisce in carcere prendendosi la colpa di un padre di famiglia ma quando capisce di essere stato condannato alla pena capitale accetta di fuggire assieme al compagno di cella, il borsaiolo Faina. I due evasi incontrano un turco che chiede indicazioni per Sorrento, scoperto che l'uomo non è conosciuto, Faina decide di tramortirlo e spacciare Sciosciammocca per il turco nella speranza di fare qualche soldo. Il turco era atteso da don Pasquale Catone, proprietario di una ricca bottega e gelosissimo della giovane moglie. Quando scopre dalla lettera di presentazione che il turco è un eunuco gli affida senza timore la moglie e la figlia con grande invidia di don Ignazio anche lui gelosissimo della moglie. La figlia di don Pasquale dovrebbe sposare il nipote di Don Ignazio, Carluccio un gradasso detto uomo di ferro per la sua forza, la ragazza non ne vuole sapere e su consiglio del turco fa uno scandalo alla festa di fidanzamento rifiutandolo. Alla festa è presente anche il deputato che ha presentato il turco a Don Pasquale e ovviamente si accorge che Felice non è il vero turco ma avendo spacciato per sua moglie una ballerina francese ben conosciuta dal donnaiolo è costretto a reggere il gioco al falso turco. Sarà Faina che, scoperto che Felice non vuole dividere con lui l'ottima paga che riceve, per vendicarsi rivela la verità a Don Pasquale ma Felice salva la famiglia Catone dalla vendetta di Carluccio mettendo in fuga il bullo e riportando la pace in famiglia.
Il primo dei tre film tratti dalle opere di Eduardo Scarpetta a cui seguono Miseria e Nobiltà e Il medico dei pazzi girati entrambi nel 1954 a testimoniare il successo del trittico.
Totò innesta la sua vis comica fatta di improvvisazione e battute surreali su una struttura più solida degli esili canovacci da rivista che sono spesso i suoi film e il risultato si vede.
Che all'operazione sia data da subito una grande importanza lo si evince dalla grande cura nella ricostruzione storica di scenografie e costumi tanto che l'unico errore è evidente: il film si apre come una rappresentazione teatrale che dovrebbe andare in scena il 24 febbraio 1904 al teatro San Carlino di Napoli, ma il teatro era stato demolito venti anni prima, nel 1884.
Nonostante il film sia la riproduzione di uno spettacolo, la pellicola non è certo un esempio di teatro filmato, molti movimenti di macchina nelle scene d'interni ed esteri girati en plein air con un gusto che restituisce la pittura di genere napoletana (scuola di Posillipo) di fine ottocento.
L'intro teatrale serve, sicuramente per ricordare la derivazione scarpettiana ma soprattutto per chiarire nel dialogo tra i due spettatori che si tratta di una pochade una commedia che fa ridere e la vecchia matrona preoccupata che l'opera potesse scandalizzare il figlio 24enne chiosa che quando si vuol far ridere si può scherzare su tutto, anche un tema così “scottante” per gli anni d'oro del gallismo italiano, quello dell'evirazione: man mano che si sparge la notizia della triste condizione del turco gli uomini hanno per lui un grande senso di compassione, forte sottolineatura dell'ipocrisia machista meglio avere la reputazione di grande amatore che passare del tempo in compagnia delle donne.
Ipocrisia che torna nei personaggi di Carluccio e del deputato che si presenta con l'amante e scende a patti con
Sciosciammocca “per amor di patria” (tema che conosciamo bene ancora oggi).
Ovviamente le gag con il deputato fanno parte del repertorio classico di Totò non a caso ad interpretare l'onorevole Cocchetelli c'è Mario Castellani il celebre onorevole Trombetta della gag del treno di Totò a colori del 1951 (ricordiamo il primo film italiano a colori).
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