Italia 2019
con Roberto Benigni, Federico Ielapi, Marine Vacth, Gigi Proietti, Rocco Papaleo, Massimo Ceccherini, Alida Calabria, Alessio Di Domenicantonio, Maria Pia Timo, Davide Marotta, Paolo Graziosi, Gianfranco Gallo, Massimiliano Gallo, Marcello Fonte, Teco Celio, Enzo Vetrano, Nino Scardina
regia di Matteo Garrone
Non avevo grandi aspettative da questa ennesima versione di Pinocchio, essendo cresciuta con la mitica versione televisiva dello sceneggiato di Comencini e dopo la tremenda esperienza del Pinocchio di Benigni e invece, se mi sono in gran parte ricreduta sul film di Garrone, è proprio per la toccante prova di Benigni: la parte iniziale nell'osteria che esula dal romanzo di Collodi, è un'occasione per dar spazio alla comicità di Benigni con Geppetto che trova mille difetti al mobilio dell'oste per poterlo riparare e guadagnarsi qualcosa. Il senso di solitudine che lascia trapelare il Geppetto di Benigni è forse la cosa migliore del film, un misto di follia e umiltà disposta ad accettare come figlio un burattino magico in grado di muoversi e parlare.
Purtroppo il protagonista non è Geppetto ma il burattino di legno e nelle sue note avventure non troviamo nulla di nuovo se non lo stupore per gli effetti speciali che rendono vivo il pezzo di legno: A differenza dello sceneggiato di Comencini, Pinocchio resta burattino fino alla fine e solo dopo essersi sacrificato per rimettere in salute il padre, provato dall'esperienza nel pescecane, la fata lo premia trasformandolo definitivamente in bambino.
Parlo dello sceneggiato Rai perché è tra i referenti più evidenti del film di Garrone, anche lui bambino al tempo del celebre telefilm: la luce iniziale sulle spalle di Geppetto, l'ambientazione povera in un'ottocento rurale, la scena della medicina e del feretro pronto per il funerale di Pinocchio, l'interno della balena, riprendono chiaramente l'immaginario proposto da Comencini nel 1975.
Il merito maggiore del film è quello di saper giocare con grande maestria tra le varie sfumature del fantastico che la storia offre: grazie alla fotografia di Nicolaj Brüel e al reparto tecnico del film, Garrone passa dalle atmosfere più horror della fiaba a quelle più fantasiose, bellissimo il mondo decadentemente barocco della fata e della lumaca sottolineato dalla sovraesposizione fotografica.
L'impressione personale è che Garrone abbia voluto mettere insieme tutti gli spunti che negli anni si sono originati dalla storia di Collodi, la balena (qui pescecane come nell'originale) mi ha ricordato molto quella del parco dedicato a Pinocchio nel paesino di Collodi: si entra dall'alto attraverso una scala a chiocciola e si resta imprigionati nella bocca che a intervalli regolari si chiude e la bocca del pescecane mi ricordato proprio quella dell'attrazione del parco.
Pur non essendo un capolavoro, il film ha una sua omogeneità anche se alcuni personaggi trovano troppo spazio rispetto agli altri: per quanto bravo, la Volpe di Ceccherini, anche sceneggiatore del film, incombe sul Gatto di Papaleo, Lucignolo è un adorabile scavezzacollo che ha ben poca influenza su Pinocchio nella scelta di partire per il Paese dei Balocchi: del resto la caratteristica di questo Pinocchio è proprio quella di essere una banderuola al vento, sempre pronto a lasciarsi intrigare da una nuova avventura che non richieda sforzo e fatica, un burattino manovrabile.
Verrebbe da pensare a una critica all'analfabetismo di ritorno, dramma dei nostri tempi ma vista la rappresentazione della scuola con il maestro tutto bacchettate e inginocchiate sui ceci meravigliosamente caratterizzato da Enzo Vetrano, sembra che solo il sacrificio e la fatica fisica siano fonte di redenzione: è solo dopo aver duramente lavorato presso il contadino Giangio Pinocchio riesce finalmente a guadagnarsi lo status di bambino umano.
Tra gli altri personaggi un po' troppo sacrificati va menzionato il Mangiafuoco interpretato da Gigi Proietti mancato proprio oggi nel giorno del suo ottantesimo compleanno.
Grande Gigi Proietti!
Scritto da: roy | 04 novembre 2020 a 07:57