Italia 1977
con Alberto Sordi, Shelley Winters, Vincenzo Crocitti, Romolo Valli, Pietro Tordi. Mimmo Poli, Renato Romano, Roberto Antonelli, Ettore Garofalo, Paolo Paoloni, Renato Scarpa, Enrico Beruschi
regia di Mario Monicelli
Giovanni Vivaldi, impiegato prossimo alla pensione, fa di tutto per far assumere il figlio Mario, neodiplomato, al ministero dove ha lavorato una vita. Il giorno del concorso Mario viene ucciso da una pallottola vagante esplosa durante una rapina in banca. Amalia, la moglie di Giovann apprende la notizia dalla telegiornale e per lo shock resta paralizzata, quando il bandito viene individuato dalla polizia, Giovanni non lo riconosce al confronto per potersi vendicare in prima persona dell'omicida del figlio.
La misera vita del travet sottoposto alle angherie dei superiori è un tema ben noto alla cinematografia italiana dai toni drammatici de Il delitto di Giovanni Episcopo a quelli giocosi di Policarpo ufficiale di scrittura e i poveri interni di casa Vivaldi rimandano agli arredi d'inizio secolo dell'Italia umbertina; gli anni '70 hanno enfatizzato la sottomissione ai superiori nella figura grottesca di Fantozzi che in un certo qual modo rivive in Un borghese piccolo piccolo nel personaggio di Spaziani, laido superiore di Vivaldi impegnato nella sua eterna lotta contro la forfora.
Vivaldi è disposto a tutto pur di sistemare il figlio, che non è esattamente una cima, accetta anche di diventare massone benché questo vada contro i principi cattolici che caratterizzano la famiglia. Ma anche la religione per i Vivaldi è poco più di un rito scaramantico come dimostra la sequenza di Amalia in chiesa la mattina dell'esame.
I toni del film sono quelli classici della commedia all'italiana fino alla morte di Mario: Giovanni Vivaldi è il piccolo borghese che pensa solo ai propri interessi: la guida spericolata per raggiungere in tempo il posto di lavoro è la dimostrazione perfetta dello spregio delle regole della strada per poi farsi umiliare dai superiori che prendono nota e "mettono in castigo” chi arriva al lavoro con due minuti di ritardo. L'affiliazione alla loggia massonica è parodistica nei riti e negli esiti (gli affiliati sono tutti i colleghi del ministero) di una situazione che saprebbe esplosa da lì a qualche anno con lo scandalo della loggia P2..
Lo scarto arriva improvviso con la morte accidentale di Mario, lo shock dei genitori, la situazione agghiacciante dell'impossibilità di trovare un loculo cambiano totalmente il registro filmico e anche Giovanni Vivaldi da uomo medio che non tenendo più famiglia, la motivazione principale per cui si scavalcano le regole, si trasforma in un mostro. Se la morte del bandito rapito è casuale nel finale aperto capiamo che una volta sciolti i freni inibitori della vendetta personale si diventa in grado di fare qualsiasi cosa.
Il film tratto dall'omonimo romanzo di Vincenzo Cerami, rappresenta il culmine del pessimismo di Monicelli che perde ogni benevolenza per i suoi personaggi e ne mostra solo i lati più biechi. Un peso deve averlo anche l'omicidio di Pasolini visto che il ragazzo con cui litiga Vivaldi alla fine del film è Ettore Garofolo, protagonista di Mamma Roma e anche Renzo Carboni, il rapinatore, ha un volto tipico della cinematografia pasoliniana.
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