Alita: Battle Angel
USA 2019
con Rosa Salazar, Christoph Waltz, Jennifer Connelly, Ed Skrein, Mahershala Ali, Jackie Earle Haley, Keean Johnson, Eiza González, Michelle Rodriguez, Lana Condor, Casper Van Dien, Jeff Fahey, Marko Zaror
regia di Robert Rodriguez
Anno 2563, trecento anni dopo la guerra con l'Unione delle Repubbliche di Marte, la Terra sconfitta è un luogo desolato, alla “Caduta” sopravvive solo l'ultima delle città sospese ai cui piedi si stende la Città di Ferro dove la gente si arrabatta tra i rifiuti di Zalem, luogo di eletti dove tutti sognano di arrivare. In una discarica il dottor Ido Dyson trova il nucleo di un cyborg dormiente e la porta a casa per ripararla. La ragazzina si sveglia senza ricordare nulla di sé ma ha un'innato istinto alla battaglia. Una delle sue conoscenze nel nuovo mondo è Hugo, un ragazzo con cui nasce una forte simpatia che presto diventa amore. Un giorno Hugo e i suoi amici portano Alita a vedere il residuato di un'astronave marziana e Alita sente l'istinto di entrarvi e qui trova una tuta che sembra reagire ai suoi comandi. Alita chiede a Ido di inserire il suo nucleo nella tuta ma il dottore si rifiuta spiegando alla ragazza le sue origini: il Berserker resta però l'unica opzione quando il corpo di Alita viene distrutto nella battaglia con Grewishka, un cyborg al servizio dell'entità a capo di Zalem e che vuole la distruzione di Alita. Anche Hugo viene coinvolto nello scontro tra Nova e Alita e alla ragazza non resta che diventare una campionessa di motorball per poter accedere alla città sospesa e regolare i suoi conti.
Non conosco il manga a cui è ispirato il film che ho trovato piacevole anche se non perfetto e con il solito problema che mi allontana dal filone fantastico: a partire da Star Wars, Blade Runner, Terminator, Matrix, fino a Il Signore degli Anelli questo genere cinematografico era sicura fonte iconografica in grado di creare stili e costumi ora è tutto un grande dejà vu, senza più nessuna voglia di creare nuovi immaginari e per Alita è un peccato perché la Città di ferro si ispira alle città dell'America Latina, riconoscibile la cattedrale dell'Avana, e il confronto tra la Città di Ferro e l'irraggiungibile Zalem avrebbe potuto avere una lettura politica molto attuale invece lo stelo che collega Zalem al suolo mi ha ricordato l'Albero della Vita dell'Expo di Milano, evito di elencare tutti i rimandi a Blade Runner e la motocicletta monoruota di Hugo ereditata da Star Wars.
Detto questo il film, pur sfiorando velocemente i temi, risulta intrigante nel viaggio della ricerca di sé, nel tema del rapporto uomo macchina, “fissa” di James Cameron, che avrebbe dovuto dirigere il film posticipando il progetto per anni e finendo per ritagliarsi il ruolo di produttore e affidando la regia a Robert Rodriguez.
Si alternano scontri epici con il romanticismo dell'amore adolescienziale tra Alita e Hugo ed è molto bello anche il rapporto paterno che si instaura tra la cyborg e il dottor Ido che la chiama Alita come la figlia che ha perduto e per cui aveva costruito il primo corpo robotico indossato dalla ragazza.
I misteri irrisolti della trama: Alita riemerge dopo trecento anni dalla rumenta o è stata gettata di recente da Zalem? avranno credo, una spiegazione nell'inevitabile sequel con la quasi certezza di trovarci davanti all'ennesima trilogia.
Da menzionare il notevole livello d'interazione tra la live action e la computer grafica con cui sono stati alterati i tratti del volto di Rosa Salazar.
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