Italia 1951
con Francesco Golisano, Emma Gramatica, Paolo Stoppa, Guglielmo Barnabò, Brunella Bovo, Arturo Bragaglia, Anna Carena, Alba Arnova, Flora Cambi, Erminio Spalla, Virgilio Riento, Riccardo Bertazzolo, Angelo Prioli
regia di Vittorio De Sica
La buona vecchina Lolotta trova un bambino sotto un cavolo e lo alleva come fosse suo figlio, quando muore Totò finisce in orfanatrofio, ne esce adulto ma senza aver perso la sua bontà per cui saluta calorosamente tutti quelli che incontra, applaude all'elegante pubblico della Scala e lascia la sua valigetta al ladro che gliela aveva rubato. In cambio Alfredo ospita il ragazzo nella sua tenda in una baraccopoli. La buona volontà di Totò incita gli altri poveri a creare un vero e proprio villaggio. Il commendator Mobbi che dovrebbe comprare il terreno rifiuta il terreno facendo appello alla fratellanza universale ma quando si scopre un filone di petrolio non esita a comprare il terreno e a rivolgersi alle forse dell'ordine per lo sgombero. Dal cielo interviene Lolotta che porta a Totò una colomba che esaudisce tutti i desideri, dopo diverse peripezie Totò ei suoi amici inforcano le scope dei netturbini e lasciano Milano verso un luogo “dove buongiorno voglia davvero dire buongiorno”.
Dopo Sciuscià e Ladri di Biciclette, De Sica accantona il neorealismo che riprenderà l'anno successivo con Umberto D. per realizzare un film dai toni favolistici, tratto dal romanzo Totò il Buono di Cesare Zavattini, sceneggiatore e sodale del regista. Le intenzioni fiabesche sono evidenti dall'esordio: Totò viene trovato sotto un cavolo, come nella più classica delle fiabe. La sua naturale bontà non viene svilita dalle traversie della vita e il furto dei pochi averi da parte di Alfredo si trasforma nell'occasione per trovare la propria vita e anche l'amore, Edvige, la domestica di una famiglia snob decaduta che ora vive nella baraccopoli. Il film attirò critiche da destra e da sinistra: evidentemente da più fastidio un povero che accetta dignitosamente la sua condizione che una massa furiosa da gestire a piacere. Credo però che le accuse di “cattocomunismo buonista” rivelino una lettura superficiale, non vedo l'esaltazione del povero che non fa nulla: Lolotta muore insegnando le tabelline a Totò e per fare in modo che i bambini del villaggio non restino ignoranti Totò cambia la toponomastica con le tabelline (Via Granda diventa Via 5X5 =25) e tra i vari desideri espressi c'è anche quello del balbuziente che desidera una dizione perfetta per poter essere assunto dalla ditta di cioccolato che stipendia le persone che chiedono l'elemosina perché ringrazino ricordando la bontà del loro cioccolato. Ovviamente colpiscono di più i personaggi negativi nella varia umanità dipinta da De Sica e Zavattini come il malmostoso Rappi che fa la spia sul giacimento del petrolio per avere un cappello nuovo come quello di Mobbi ma a me commuove sempre la coppia mista che non riesce a realizzare il suo sogno d'amore: lei chiede di diventare nera e lui bianco ritrovandosi così al punto di partenza. De Sica e Zavattini inseguono con questo film un lirismo surreale che si richiama al cinema muto e anticipa certi aspetti del mondo felliniano, è anche uno dei primi film ad affidare gli effetti speciali agli americani facendo lievitare i costi di produzione che non furono ripagati dal successo al botteghino ma è ormai noto che il volo finale sulle scope fu d'ispirazione per il volo delle biciclette di E.T.
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