Italia 1972
con Nino Manfredi, Gabriele Lavia, Orso Maria Guerrini, Guido Leontini, Gianna Morelli, Claudio Nicastro, Anna Maria Pescatori, Mario Carotenuto, Luciano Catenacci, Laura De Marchi, Arturo Dominici, Carlo Alighiero, Piero Morgia
regia di Damiano Damiani
Nella prima metà degli anni '20, mentre Mussolini sta consolidando il suo potere, una serie di omicidi a sfondo sessuale perpetrati su delle bambine, scuote Roma: il popolo esige giustizia mettendo anche in dubbio la valenza del fascismo e a quel punto è lo stesso Mussolini a esigere un colpevole. In maniera del tutto arbitraria il mostro viene individuato nel fotografo Gino Girolimoni, nonostante le accuse siano montate ad arte, Girolimoni ben presto viene riconosciuto innocente ma se la notizia del suo arresto era stata messa in grande risalto, il silenzio cade sulla notizia della scarcerazione così il cognome Girolimoni resta sinonimo di pedofilo e il povero fotografo non riuscirà più a ritrovare la riabilitazione per l'ingiusta condanna.
Il film di Damiano Damiani si può dividere in tre atti: il primo dove si ricostruisce piuttosto fedelmente la psicosi che coglie il popolino romano per la morte delle ragazzine: si rievoca la figura di uno dei primi arrestati, il vetturino Sterbini (Mario Carotenuto) che si suicida per la vergogna dell'accusa. Viene anche introdotta la figura del tutto arbitraria del serial killer, in realtà non si è mai saputo chi fosse. Damiani lo immagina come un ragazzo del popolo coperto dai famigliari per non perdere la clientela della rivendita di verdure. Non stupisce che a pretendere la morte dei vari sospettati sia proprio la madre del serial killer per allontanare i sospetti dal figlio che arriverà ad uccidere anche una nipotina.
Il secondo atto è quello dell'entrata in scena di Girolimoni, fotografo amante della bella vita e delle belle donne ed è proprio per gelosia che l'ingegner Jachino segnala Girolimoni come molestatore di ragazzine: in realtà ha intuito benissimo che i frequenti colloqui del fotografo con la giovanissima domestica riguardano la moglie. A condurre le indagini c'è il brigadiere Apicella, superiore di Girolimoni durante la Grande Guerra, nonostante la conoscenza, o forse per una gelosia nata proprio durante la guerra, Apicella manipola le prove in modo che Girolimoni diventi il mostro.
Il terzo atto racconta quello che succede dopo la scarcerazione: la notizia viene taciuta da giornali per ordine di Mussolini così il marchio dell'infamia resta sul fotografo: non può più esercitare la sua altra attività di procacciatore di casi per gli avvocati, anche una ragazza di cui si era innamorato lo lascia quando scopre la sua vera identità. Ad aiutarlo resta solo il giornalista Gianni Di Meo che per non perdere il posto ha dovuto adeguarsi al silenzio sul caso Girolimoni ma vorrebbe aiutare l'uomo cercando il vero colpevole: le sue attenzioni si concentrano su un prelato inglese, colto in atti di pedofilia ma il fotografo rifiuta di denunciarlo non volendo che un altro innocente subisca la sua sorte.
Il percorso kafkiano nella giustizia, reso ottimamente dalla prova di Nino Manfredi, si'intreccia con la politica: il caso del mostro di Roma andava risolto perché Mussolini doveva ancora consolidare il suo potere, il clamoroso sbaglio investigativo porta il duce a decidere che la cronaca nera venisse eliminata quasi del tutto dai giornali italiani, la situazione tragicomica è resa bene dal film mescolando toni da commedia all'italiana a quelli di film da denuncia civile.
Nonostante dopo il fascismo l'innocenza di Girolimoni fosse dimostrata e resa nota, l'onda colpevolista nei suoi riguardi non si spense mai del tutto e ancora oggi il suo nome è sinonimo di perversione sessuale.
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