The Hurricane
USA 1937
con Dorothy Lamour, Jon Hall, Mary Astor, C. Aubrey Smith, Thomas Mitchell, Raymond Massey, John Carradine, Jerome Cowan, Al Kikume
regia di John Ford
Il vecchio dottor Kersaint passando davanti a un atollo di sabbia, ha l'abitudine di mandare un bacio a quella che una volta fu Manakoora una delle isole più belle dei Mari del Sud, che fece da sfondo alle vicende del leggendario Terangi, in indigeno finito sei mesi in carcere a Tahiti per aver picchiato un bianco che lo aveva provocato. Lo spirito indomito lo spinge a cercare sempre la fuga e Terangi arriva ad accumulare 16 anni di carcere. Sull'isola natia il dottor Kersaint, padre Paul e la moglie del governatore cercano di convincere l'integerrimo De Laage a intercedere per Terangi ma il governatore resta irremovibile, dopo otto anni di carcere Terangi riesce finalmente ad evadere e a tornare a Manokoora dall'amata Marama e la figlia che non ha mai conosciuto. Mentre il governatore si mette sulle tracce dell'evaso, sull'isola scoppia un devastante uragano, Terangi mette in salvo madame De Laage e il governatore finge di non accorgersi della sua fuga.
John Ford gira uno dei primi film catastrofici dove le scene finali dell'uragano, benché visibilmente girate in studio, riescono ancora a tenere con fiato sospeso lo spettatore odierno.
L'intervento catastrofico della natura pone fine a una situazione insostenibile, uno scontro culturale dove l'indigeno ha come unica ragione recuperare la libertà e ricongiungersi con la famiglia, aveva appena sposato la bella Marama prima di imbarcarsi per il viaggio che lo porterà in carcere, mentre l'uomo bianco s'impunta per dimostrare la superiorità della legge sul singolo: da subito si dice che i sei mesi di prigione comminati a Terangi sono una punizione troppo severa ottenuta dalla presunta vittima grazie alle sue conoscenze altolocate poi il sadico carceriere Warden s'impunta a voler piegare il prigioniero arrivando così alla pena spropositata di sedici anni di carcere.
Per fuggire Terangi inscena il proprio suicidio e finisce per uccidere involontariamente una guardia. Quando arriva spossato alle rive di Manarooka lo salva padre Paul che decide di coprirlo, il prete è l'unico, tra i protagonisti, a perire nella distruzione della sua chiesa e Terangi si riscatta dall'omicidio colposo mettendo a rischio la propria vita per salvare la moglie del governatore e altri indigeni che hanno trovato rifugio in chiesa. La violenza della natura diventa espressione di una giustizia superiore e divina.
L'esplosione della violenza della natura arriva alla fine di una pellicola dove ha regnato tutta la dolcezza e la bellezza della Polinesia, inquadrature da cartolina, bellezze locali guidate da Dorthy Lamour, l'attrice americana detta Queen Sarong in quanto regina di queste produzioni esotiche, ma alla regia c'è il “duro” John Ford l'occhio attento alla bellezza pittorica dei paesaggi sorretta dalla fotografia molto contrastata di Bert Glennon che gioca con le ombre, i riflessi dell'acqua e la luce ed è interessare notare il contrastro con i conciliaboli dei bianchi a capo dell'isola, sempre ripresi al chiuso, in ambienti incombenti
L'unico oscar vinto è per il miglior sonoro.
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