Mentre la stella di Roman Polanski e Sharon Tate è in ascesa, il loro vicino di casa, la star della tv Rick Dalton, capisce che il suo declino è ormai inesorabile visto che iniziano a proporgli di trasferirsi in Italia per girare gli spaghetti western, l'unica spalla su cui piangere (letteralmente) è quella del suo “double” lo stuntman che lo sostituisce nelle scene rocambolesche, Cliff Booth, uomo dal passato complicato, amico e factotum di Rick. Cliff nota una giovanissima hippy e la accompagna allo Spahn Movie Ranch dove la famiglia Manson vive alle spalle dell'ottantenne e ormai cieco George Spahn che Cliff conosce dai tempi della serie tv che ha reso famoso Rick Dalton, Bounty Law. Rick, con Cliff al seguito, si rassegna a girare i film italiani e torna a Hollywood agli inizi dell'agosto 1969, la notte in cui Charles Manson inviò i suoi adepti a compiere la strage a Cielo Drive...
Tarantino continua il suo modello di revisione storiografico iniziato con Bastardi senza gloria, film a cui si allaccia strettamente perché parlando dei suoi trascorsi cinematografici con l'agente Marvin Schwarzs il primo estratto filmico mostrato è quello del lanciafiamme (anticipando il finale) con cui Dalton arrostisce i nazisti, stesso finale riservato a Hitler da Soshanna in Bastardi senza gloria.
Alcune critiche mosse al film stanno proprio nel fatto che Tarantino reiteri questo modello già visto di stravolgimento della realtà storica, per me invece è uno dei punti di forza degli ultimi lavori tarantiniani, una riflessione sulla violenza affidandole un valore catartico e liberatorio che però non ne incita l'uso anche perché, ancora una volta come in Django unchained, i cattivi fanno la figura dei ridicoli coglioni sia nella scena della ruota bucata allo Spahn Ranch che nella fuga di una dei quattro hippy mandati in missione assassina.
Avendo poi capito nel corso degli anni che personalmente non amo i biopic proprio perché non sono mai fedeli alla realtà che in teoria dovrebbero raccontare, trovo molto più intelligente e originale Tarantino che racconta un'altra storia rendendola ancora più commovente proprio perché lo spettatore sa che è così che sarebbe dovuta andare e invece il fato è stato crudelissimo, in particolare con la bella Sharon per cui il regista e Margot Robbie mostrano una tenerezza infinita nel portarla in scena, soprattutto nella sequenza in cui si va a vedere al cinema.
Tornato nella Hollywood della sua infanzia, Tarantino esibisce ancora una volta la sua conoscenza enciclopedica del cinema, ogni film è un tributo a un diverso regista italiano, stavolta Sergio Corbucci ma viene citato anche Margheriti tra i registi che si servono di Rick Dalton nella sua trasferta romana.
L'autore cita molto anche sé stesso, cosa che mi fa temere che questo nono film possa essere davvero tra gli ultimi del regista, in particolare tornano i protagonisti di Grindhouse - A prova di morte, questa volta però Kurt Russell e Zoe Bell non sono più rivali ma sposati, Randy è succube della moglie che non sopporta Cliff Booth perché un probabile uxoricida e soprattutto ha messo al tappeto Bruce Lee mentre aspettavano di girare una scena de Il Calabrone verde.
La cultura enciclopedica di Tarantino non si limita solo ai film ma si espande anche alle serie tv e se proprio vogliamo vedere un omaggio del regista al proprio ego forse questo è l'ambito: in un momento in cui le serie tv hanno più successo dei film, Tarantino sembra volerci ricordare che il fatto non è una novità e forse c'è una critica implicita al prodotto se gli affiliati di Manson si imbesuiscono facendo binge watching antelitteram davanti al televisore, però ricordiamoci che Tarantino fu anche uno dei primi registi a girare un episodio per una serie tv - CSI - quando la commistione tra cinema e televisione non era ancora così usuale come oggi.
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