Italia 1960
con Alberto Lupo, Susanne Loret, Ivo Garrani, Sergio Fantoni, Rina Franchetti, Tullio Altamura, Andrea Scotti, Franca Parisi, Roberto Bertea
regia di Anton Giulio Majano
Una spogliarellista rimane sfigurata in un incidente d'auto mentre insegue l'uomo di cui è innamorata con cui si era appena lasciata. Ormai sull'orlo del suicidio, Jeanette viene contattata dal professor Levin che le offre una cura sperimentale che le ridarà l'antica bellezza, lo scienziato s'innamora di Jeanette e quando si accorge che la cura non funziona arriva ad iniettarsi un siero per trovare il coraggio di uccidere altre donne da cui prelevare i tessuti da innestare sull'amata.
Horror di serie B che vede alla regia Anton Giulio Majano, re degli sceneggiati Rai.
Il Satana evocato dal titolo non ha nulla a che fare con la trama incentrata sul classico scienziato pazzo, il debito principale è verso il capolavoro dell'horror francese Occhi senza volto: gli innesti di pelle che falliscono e gli omicidi delle donne da cui prelevare i tessuti, a cui si aggancia una variazione del tema del Dottor Jekyll e Mr Hyde: Levin compie i suoi studi solo, con l'aiuto dell'immancabile servo muto e di una devota infermiera innamorata di lui che sarà la prima sacrificata per continuare le cure di Jeanette; non avendo il coraggio di uccidere a sangue freddo, il professore s'inietta una pozione che stimola gli aspetti più belluini dell'essere umano e si trasforma in un mostro senza remore. La trasformazione mostruosa ovviamente avviene a favore di telecamera e per essere una produzione a basso costo del 1960 è più che soddisfacente, del resto nella produzione c'è lo zampino di Mario Bava.
Il film crolla sul finale perché si trasforma in un giallo abbastanza prolisso quando l'acuto ispettore di polizia interpretato da Ivo Garrani trova impossibile che la ripetizione del modus operandi dell'assassino sia imputabile al gorilla fuggito dallo zoo (sottile tributo a I delitti della Rue Morgue di Poe); inoltre, l'omicidio della mitomane che sproloquiava di un misterioso mostro da lei chiamato Seddok portano a sospettare degli strani comportamenti del professore portando a noiosi pedinamenti.
Peccato le lungaggini finali perché la pellicola era piuttosto godibile: il tema del doppio era reso molto bene cinematograficamente da eleganti giochi di immagini riflesse, in aggiunta il coraggio di mostrare anche foto dei sopravvissuti alla bomba di Hiroshima: gli studi di Levin infatti prendono spunto dalle radiazioni atomiche che lo scienziato vorrebbe sfruttare per trovare una cura al cancro, “un male usato a fin di bene” dice l'ispettore anche un po' filosofo.
Sempre dalle radiazioni arriva il titolo americano del film, Atom Age Vampire.
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