The Young Lions
USA 1958 20th Century Fox
con Marlon Brando, Montgomery Clift, Dean Martin, Hope Lange, Barbara Rush, May Britt, Maximilian Schell, Dora Doll, Lee Van Cleef, Liliane Montevecchi
regia di Edward Dmytryk
Christian Diestl un giovane tedesco ambizioso vede nel nazismo l'opportunità per elevarsi socialmente pensando che tutti i discorsi sulla superiorità della razza siano solo propaganda senza nessun fondamento. Dall'occupazione di Parigi alla campagna d'Africa fino al ritorno in una Germania distrutta, Diestl avrà modo di constatare che quella che riteneva paccottiglia elettorale è l'unica cosa che è stata messa in pratica. Finirà ucciso da Michael Whiteacre un soldato americano che per gran parte della guerra ha solo cercato di imboscarsi ed evitare la battaglia, a differenza del suo amico Noah Ackerman, un giovane ebreo che ha pagato duramente l'antisemitismo serpeggiante nell'esercito.
I Giovani Leoni fu un grande successo al botteghino, un kolossal bellico di quasi tre ore che va contestualizzato nella sua epoca, negli Stati Uniti appena usciti dal maccartismo e diretto da un regista finito sulla lista nera che aveva pagato con l'esilio in Europa la caccia alle streghe di Mc Carthy.
Pur con qualche lunghezza di troppo, il film resta ancora godibile e si fa apprezzare per il coraggio di denunciare l'antisemitismo ben presente nell'esercito degli Stati Uniti di cui è vittima il timido ma intemerato soldato Ackerman che si cerca anche di far passare per disertore (nel ruolo del sergente Rickett troviamo un perfidissimo Lee Van Cleef) anche mostrare un soldato che non nasconde il suo desiderio di rifuggire la leva, il cantante Michael Whiteacre è un passo interessante, le due linee narrative si risolvono ovviamente in gloria: il comandante interviene prontamente per mettere fine al bullismo a cui è sottoposto Ackerman e i suoi compagni lo reintegrano amichevolmente nella compagnia mentre Whiteacre si decide ad affrontare la battaglia di Normandia per amore della bella Margareth.
A salvare il film dalla retorica è l'intervento di Marlon Brando: fu lo stesso attore ad insistere per mostrare la presa di coscienza del suo personaggio che nel romanzo omonimo di Irwin Shaw, da cui il film è tratto, resta tetragono e fedele all'ideale nazista fino alla morte.
La presa di coscienza di Diestl avviene nei vari passaggi se nell'occupazione di Parigi il tenente è convinto che l'unione per quanto forzata tra Germania e Francia porterà all'unione dell'Europa, il soldato inizia ben presto ad esser insofferente al ruolo di poliziotto che cattura i dissidenti per farli torturare dalla Gestapo. Trasferito in Africa rifiuta di uccidere i nemici sopravvissuti a un attacco militare. Tornato in Europa trova la Germania distrutta e scopre di aver fornito inconsapevolmente l'arma che il suo capitano ha usato per suicidarsi; con l'amico Brandt torna in Francia dalla ragazza di cui è innamorata ma l'impossibilità di sfuggire ai troppi orrori visti lo riporta in battaglia e le sue avventure finiranno nei pressi di un campo di concentramento dove toccherà con mano l'indicibile.
Brando incarna da par suo la parabola di Christian Diestl, all'inizio è davvero statuario come il “nume dorato” a cui lo paragona Françoise, poi il suo sguardo si fa sempre più assente e si trasforma in una maschera di disperazione quando capisce di non aver più nulla in cui credere, a differenza dei due soldati che proprio in quel momento incrocia sulla sua strada: l'amore di una compagna e per Ackerman anche di una figlia, sono in fondo i veri motivi per combattere e voler riportare a casa la pelle.
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