Jean-Auguste-Dominique Ingres al centro di una mostra che intende analizzare lo stile neoclassico, omaggiare Napoleone, il primo console che ha liberato Milano dagli austriaci rendendola una capitale dai vivaci fermenti artistici. Un intento complesso che poteva sfuggire di mano e invece viene felicemente raggiunto.
Si parte da Jacques-Louis David, l'artista che con fatica si affranca dal pomposo stile rococò e dopo il soggiorno romano reinventa una pittura meno ornata che si rifà alla classicità antica e al classicismo secentesco.
In mostra uno dei più noti quadri del nuovo corso artistico, il Patroclo del 1780 mentre de Il giuramento degli Orazi, il quadro manifesto del neoclassicismo, è presente una copia ad acquerello proveniente dal Musée Ingres di Montauban.
Ampio spazio è dato anche ad altri importanti allievi di David, in particolare ad Anne-Louis Girodet di cui mi è piaciuto molto Il sonno di Endimione.
Intento della mostra è cancellare definitamente l'idea del neoclassicismo visto come uno stile decorativo che ripropone pedissequamente modelli antichi e sottolineare le varie tensioni che percorrono il periodo artistico e la sezione “La notte del sogno” espone opere che esprimono il lato lunare e protoromantico spesso dimenticato del neoclassicismo.
Ingres entra in scena in questa sezione con l'imponente I Canti di Ossian.
Dalla dimensione sognante si passa al pragmatismo napoleonico, il generale che da solo ridisegna le sorti geopolitiche dell'Europa e soprattutto negli anni giovanili è venerato dagli italiani come un liberatore. Proprio in questa fase, Milano diventa il luogo di esaltazione artistica del nuovo leader, con tracce ancora presenti oggi (il Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore nel cortile di Brera. Da Appiani a Canova tutti immortalano la grandezza del Corso.
Sulla locandina della mostra fa bella mostra di sé il Napoleone imperatore di Ingres e anche in mostra il quadro ha un posto speciale, una sala tutta per sé a cui si arriva dopo le decine di incisioni delle gesta napoleoniche.
Il dipinto è in posizione angolare, unico oggetto illuminato in una stanza buia dove una serie di totem che contengono i disegni preparatori sono posizionati in modo da attirare l'attenzione sul fastoso dipinto in cui Ingres affastella tutti i simboli del potere a partire dall'antichità.
Terminato il tripudio napoleonico la mostra assume un carattere monografico e si concentra sull'analisi del lavoro di Ingres: i molti disegni che sezionano le parti del corpo fanno capire come l'artista parta sempre dal disegno spesso un nudo che poi riveste di panneggi. I dettagli a grandezza naturale della Venere Anadiomene non rendono neppure necessaria la presenza del quadro finito tanto è lampante il soggetto che servirà da modello per il più noto La sorgente.
Passando in rassegna i generi pittorici frequentati dall'artista, la pittura storica, religiosa, i nudi sono rimasta davvero impressionata da un disegno, Italiana al fuso, folgorata dal sorriso del soggetto.
Non possono mancare le odalische, tema carissimo al pittore de La grande odalisca è presente la versione in grisaille, unico assaggio italiano della mostra sull'uso del monocromo che nel 2018 ha affascinato Londra Monochrome. Painting in Black and White, alla National Gallery e Düsseldorf : Black & White From Dürer to Eliasson
Un disegno dell'Odalisca a tre braccia modello per Il bagno turco fa pensare che nonostante la passione quasi ossessiva per Raffaello, se dovessimo riprendere la visone semplicistica del neoclassicismo come mera riproposta del arte rinascimentale, Ingres sarebbe un eccentrico fiorentino: nonostante il rigoroso studio del corpo umano che come abbiano detto è sempre il punto di partenza della sua opera, l'artista non esita a deformarlo: la lunghissima schiena dell'odalisca, il braccio spropositato di Teti di Giove e Teti (non in mostra) facendo del pittore un antesignano delle avanguardie e di Picasso.
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