USA 2018 Universal
con John David Washington, Adam Driver, Topher Grace, Corey Hawkins, Laura Harrier, Ryan Eggold, Jasper Pääkkönen, Ashlie Atkinson, Michael Buscemi, Paul Walter Hauser, Harry Belafonte, Alec Baldwin
regia di Spike Lee
Nei primi anni '70 Ron Stallworth è il primo poliziotto afroamericano di Colorado Spring, inizialmente gli viene affidato un ruolo d'archivio poi Stallworth chiede di poter fare l'infiltrato, il primo ruolo che gli viene affidato è quello di infiltarsi in un incontro dei Black Panthers organizzato dall'Unione Studentesca Nera dove conosce la bella Patrice Dumas, la presidentessa del movimento. Passato all'intellingence, Ron Stallworth decide di rispondere a un annuncio del Ku Klux Klan in cerca di proseliti. Ricontattato dai suprematisti, il poliziotto stringe legame telefonici con i vertici della cellula del Colorado ma quando deve incontrare di persona i suprematisti bianchi Ron ha ovviamente bisogno di una controfigura, il collega ebreo Flip Zimmerman. L'operazione è proficua e riesce a sventare un'attentato ai danni del movimento studentesco ma i fondi vengono tagliati e tutto il materiale requisito...
Superbo film di Spike Lee, premiato con l'Oscar 2019 alla migliore sceneggiatura non originale.
Lee è subentrato in un progetto destinato al regista Jordan Peele, rivelazione con l'horror Get Out riuscendo a farlo completamente suo; del resto il tema dello scontro razziale è sempre stato fondamentale nella teoretica di Spike Lee che in questo caso l'autore utilizza magistralmente per parlare dell'America di Trump.
La storia è incredibilmente vera: realmente un poliziotto nero ottenne la tessera d'appartenenza al Ku Kux Klan, il più temibile gruppo di suprematisti bianchi della storia.
Spike Lee confenziona un bel poliziesco stringato, dai tocchi ironici supportato da un ottimo cast: il protagonista è John David Washington, figlio di Denzel Washington.
Gli spunti di riflessione sono davvero tanti e raccontano il perdurare di un odio razziale che è diventato particolarmente virulento negli ultimi anni investendo anche l'Europa per le questioni dei migranti ma quello che mi ha profondamente colpito è l'uso della storia del cinema, Patrice e Ron che passeggiano discutendo del cinema nero degli anni '70; l'attivista Kwame Ture che spiega la negazione dell'identità nera attraverso l'infantile immedesimazione con Tarzan, l'eroe bianco che sconfigge i cattivi selvaggi e poi il commovente montaggio alternato tra la proiezione di Nascita di una nazione di Griffith, e il racconto del vecchio sopravvissuto (Harry Belafonte) al linciaggio di Waco, Texas del 1916, particolarmente efferato proprio per il vasto successo del film di Griffith che riportò in auge il Ku Klux Klan.
Nel bene e nel male Spike Lee riconosce una potenza alle immagini che continuiamo a sottovalutare mentre il regista la stigmatizza ulteriormente nel finale con le immagini di repertorio dei disordini di Charlottesville del 2017: il film è uscito nelle sale americane a un anno esatto dalla tragedia ed è dedicato a Heather Heyer, vittima dell'attentato.
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