Solitamente non mi faccio prendere dall'”hype” per film o serie tv prevedendo, con un po' di logica, che quando le aspettative sono così alte non possono che essere deluse ma stavolta sono stata risucchiata dal vortice per la stagione più attesa della storia della tv, penso dai tempi di Twin Peaks, che ha lasciato scontenti tutti, in primis la sottoscritta che non avendo mai retto gli Stark dalla prima stagione non può certo ritenersi soddisfatta per l'elezione a re dei 6 regni di Bran lo Spezzato e tantomeno per l'indipendenza del Nord sotto il dominio dell'odiosissima Sansa trasformatasi da uccelletto insopportabile per la sua ingenuità a donna manipolatrice come la madre in grado di ottenere quello che vuole alle spalle dell'”amato” fratellastro.
Il destino glorioso di Arya Stark, a cui non va neanche un appellativo per aver ucciso il Night King, si riduce nel corso delle restanti tre puntate facendola girare a vuoto sui luoghi degli eventi più drammatici, accollandole la responsabilità della morte in perfetto stile pompeiano delle due povere donne madre e figlia che aveva intenzione di proteggere, segno che l'eroina della battaglia di Winterfell stava perdendo il glorioso tocco, così alla fine la giovane guerriera parte per terre inesplorate col solo scopo di ammorbarci in futuro con qualche spin-off.
Se tutti i personaggi hanno subito un'evoluzione nel corso delle stagioni, l'unico giuggiolone si conferma Jon Snow sempre fermo al suo malinteso senso di lealtà il cui soggetto però cambia più velocemente di quanto lui comprenda le conseguenze dei suoi gesti.
La morte della mia adorata Daenerys non mi ha sconvolto più di tanto, era un destino ormai così necessario e nelle mani di un unico possibile assassino che alla fine ho trovato quasi romantico lo stile “un bacio e una pugnalata”, a commuovere è la reazione di Drogon che compie l'unica cosa sensata fedele allo spirito della serie: l'unico modo per rompere definitivamente “la ruota” è distruggere il trono e in fondo ha senso che la forza di compiere un gesto così estremo, impossibile alla brama di potere umana, lo compia un animale fantastico che incarna la purezza del progetto originale di Daenerys, ma quanto sarebbe stato glorioso se invece di incendiare la città la Madre dei Draghi avesse distrutto il trono liberando tutti dal suo pesante giogo! Si è preferito invece fare impazzire la protagonista della saga, tra l'altro per un motivo stupido: la causa scatenante è il rifiuto di Jon Snow ma la verità è che una donna sola, senza la protezione di una famiglia -leggi Cersei e Sansa- non ha nessuna possibilità di governare neppure in un fantasy.
Purtroppo le figure femminili che tanto spazio avevano avuto nelle prime stagioni tornano vittime di un sessismo strisciante e se abbiamo avuto momenti in cui la battaglia era tra quattro regine, si mette ben in chiaro che quest'epoca di follia è colpa dell'amore non corrisposto di Robert Baratheon (quindi implicitamente di una donna, Lyanna Stark) e il ritorno alla normalità , addirittura il passaggio verso una monarchia non più ereditaria, può avvenire solo sotto il governo di un uomo e pensandoci bene questo revisionismo è iniziato con le accuse al serial di essere troppo esplicito sessualmente e non rispettare il corpo delle donne, che amara ironia su cui riflettere anche nella realtà.
Fa veramente incazzare che il povero Drogon, l'unico vero eroe di quest'ultima puntata, rimanga solo e disperato in volo per chissà dove con il corpo di Daenerys tra gli artigli mentre Jon Snow oltre la frontiera ritrova amici e pure l'affetto del metalupo ballerino, nel senso che è comparso e scomparso dalle varie stagioni senza nessuna logica. Ma del resto è logico che il Night King non venga scalfito dal fuoco di Drogon ma ucciso da una singola stilettata di vetro di drago che manda in frantumi anche tutta la sua armata di morti?
Sorvoliamo consolandoci con la fine dignitosa riservata alla migliore vilain della serie: Cersei muore tra le braccia dell'amato Jaime, la linea narrativa dei Lannister è forse la migliore per complessità e finezza psicologica dei tre fratelli, anche se il Folletto, per la cui sorte ho tremato in tutte le stagioni, alla fine diventa quasi antipatico per il suo adattarsi alla realpolitik.
Il problema di questa ottava stagione è stata ovviamente la brevità che ha reso impossibile capire, addirittura intuire a volte, l'evoluzione dei personaggi: da trasposizione televisiva di un ciclo di romanzi di successo si è trasformata in un book trailer delle future uscite dei volumi mancanti rimandando alla pagina scritta la complessità delle spiegazioni, un passo piuttosto azzardato che dovrà fare i conti con la delusione del grande pubblico che ha imparato a conoscere le Cronache del ghiaccio e del fuoco attraverso la tv: basterà la promessa di un finale diverso, già ventilato in queste ore, per richiamare gli appassionati di GoT?
Stilisticamente Il Trono di Spade si conferma una produzione grandiosa nonostante le sviste delle ultime puntate, vedi il bicchiere Starbucks ma ho davvero apprezzato il montaggio, quando Tyrion bacia la mano di Sansa e poi si alza, lo stacco su Jon che sta affrontando il drago zombie è così perfetto da lasciare interdetti anche alla seconda o terza visione.
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