The Magnificent Ambersons
USA 1942 RKO
con Joseph Cotten, Dolores Costello, Anne Baxter, Tim Holt, Agnes Moorehead, Ray Collins, Erskine Sanford, Richard Bennett, Don Dillaway
regia di Orson Welles
Isabel Amberson, la più ricca ragazza di Indianapolis, rifiuta il pretendente Eugene Morgan perché una sera, andando a farle la serenata un po' alticcio, cade dentro lo strumento musicale provocando l'ilarità di tutta la cittadina. Per ripicca Isabel sposa Wilbur Minafer: la coppia ha un figlio, il viziatissimo George Minafer Amberson. Vent'anni dopo Eugene, inventore e imprenditore di successo, torna in città con la figlia Lucy di cui s'innamora George mentre tra Isabel e Eugene sembra rinascere il sentimento anche se George, che ha da subito preso in antipatia l'uomo, crede che sia innamorato della vecchia zia zitella Fanny. Quando Wilbur muore, Isabel e Eugene riprendono a frequentarsi ma George costringe la madre a seguirlo in Europa perché teme che si possa insinuare che questo legame sia nato prima della vedovanza della madre. Madre e figlio tornano dall'Europa solo quando la madre è in fin di vita ma anche allora George le negherà un ultimo incontro con Eugene. Intanto la città si è evoluta e con la morte del Maggiore Amberson la famiglia si ritrova sul lastrico e George con la vecchia zia a carico si trova costretto ad accettare lavori umili e pericolosi per sbarcare il lunario.
Seconda regia di Orson Welles dopo l'esordio fulminante di Quarto Potere, l'unico in cui il regista potè esprimere liberamente la sua poetica, con L'orgoglio degli Amberson inizia infatti il vero destino del regista con le opere perennemente rimaneggiate dalle case produttrici, qui i tagli furono davvero molto pesanti, il film venne rimontato tagliando circa un'ora di materiale. A Welles interessava raccontare l'avvento dell'era industriale, di come l'automobile modificò profondamente usi e costumi e anche il paesaggio urbano ma spaventati dall'esisto delle proiezioni test, i produttori della RKO limitarono l'azione al solo aspetto melò degli amori tra i Morgan e gli Amberson modificando anche il finale con un afflato patriottico nel lavorare per la rischiosa industria bellica.
Nonostante i pesanti rimaneggiamenti il film mantiene una grande potenza espressiva: Welles conferma di essere un maestro dell'ellissi temporale e della profondità di campo. Gli interni della magione degli Amberson ricordano la vuota monumentalità di Xanadu poi c'è quello scalone sempre sbarrato come se le persone comuni non potessero mai raggiungere l'olimpo delle stanze private degli Amberson salvo poi mostrare ambienti squallidi come una polverose soffitte quando Fanny e George devono svendere la casa.
La fotografia fortemente contrastata spesso lascia in ombra i volti dei protagonisti che si muovono come ombre, a rimarcare l'insondabilità dell'animo umano già espressa in Quarto Potere e anche la morte del maggiore che fissa il fuoco pensando che nel sole abbia origine il senso della vita è speculare al mistero di Rosabella che Kane si porta nella tomba e noi vediamo scomparire nel fuoco.
Indubbiamente i due film sono molto legati, se il primo è incentrato sul ricordo e la ricostruzione di una vita attraverso i ricordi altrui, ne L'Orgoglio degli Amberson è la malinconia per la “gilded age” ad imperare, nascosta dietro i tocchi ironici della narrazione off di Welles, con il popolo che assume i compiti del coro greco prevedendo l'inevitabile caduta degli Amberson.
E' anche una delle poche volte che un titolo italiano è più azzeccato dell'originale e mi piace la doppia lettura: l'orgogliosa famiglia più importante della città oppure orgoglio degli Amberson riferito a George, ultimo virgulto e orgoglio dei parenti.
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