Black Narcissus
GB 1947 Rank
con Deborah Kerr, Flora Robson, Jean Simmons, David Farrar, Sabu, Esmond Knight, Kathleen Byron, Jenny Laird, Judith Furse, May Hallatt
regia di Michael Powell, Emeric Pressburger
Un gruppo di suore viene mandato a fondare un monastero nel palazzo di Mapu, un vecchio caravanserraglio su uno sperone dell'Himalaya, unico contatto l'agente britannico Mr.Dean che da subito si dice scettico dell'impresa e, come previsto, le suore dovranno abbandonare la località.
Ennesimo capolavoro del duo britannico Powell & Pressburger che sanno ricostruire in studio tutta la forza dirompente della natura himalayana: la vastità degli spazi, il vento incessante, la natura lussureggiante, il vecchio palazzo con gli affreschi ammiccanti e la vertigine del vuoto.
Il gruppo di suore scelte non è certo temprato per una avventura così intensa: la madre superiora (una bravissima Deborah Kerr) è troppo giovane, la novizia aggregata aveva già dato segni di nevrastenia nella casa madre di Calcutta e viene prostata definitivamente da questa esperienza che piega monache ben più esperte come Suor Philippa che affascinata dalla natura del luogo trasforma l'orto in un giardino.
Agli autori non interessa tanto giudicare le religiose, al limite, visto il periodo storico cioè la concomitanza con l'indipendenza dell'India, si può leggere la pellicola come un omaggio alla cultura millenaria della nuova nazione che ha superato anche il giogo britannico e credo che questo emerga nello stupore di Suor Clodagh di fronte al santone indiano: è quanto meno ironico che una religiosa non capisca la potenza della fede che fa dimenticare tutte le esigenze fisiche al santone.
La grande tensione emotiva del film è data dai contrasti anche cromatici dei film: gli abiti degli indigeni, coloratissimi anche se straccioni e l'opulenza di quelli del piccolo generale contrastano con il modesto abito bianco delle suore, come il loro essere completamente coperte contrasta con le braghe perennemente corte e stracciate di Mr.Dean, a sottolineare la sensualità maschile che sollecita continuamente la mente delle monache, riportando alla memoria vecchi amori (curiosità: i flash back dell'amore giovanile di Suor Clodagh furono censurati nella prima versione americana) o portando alla pazzia la mente già fiaccata di Suor Ruth la cui progressiva instabilità è sottolineata non solo dalla bravura dell'attrice ma anche dall'uso del colore: prima l'abito bianco schizzato di sangue, poi gli abiti “civili”e l'uso del rossetto fino al trucco nero anticipatore della follia mortale sul bordo del precipizio mentre Suor Clodagh suona la campana.
Tornando al gioco di contrasti visivi, è memorabile la scena in cui Suor Ruth si passa il rossetto mentre la madre superiora legge un testo sacro:c'è una specularità sottolineata anche dalla somiglianza tra le due attrici che mi ha fatto ricordare Las dos Frida di Frida Kahlo.
Quanto Narciso nero sia puro cinema, dove i dialoghi sono un surplus, lo testimonia l'incisiva prova della giovanissima Jean Simmons nel ruolo della “cenerentola” Kanchi: non ha praticamente una battuta in tutto il film ma il suo resta un personaggio indimenticabile.
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