Elisa Esposito è una donna delle pulizie muta che lavora in un laboratorio governativo a Baltimora. Rimane incuriosita da uno strano essere acquatico trasportato nella struttura e ben presto si rende conto che la creatura, torturata dal perfido colonnello Richard Strickland, ha una sensibilità ed è in grado di comunicare con lei. Quando Elisa scopre che l'anfibio sarà ucciso dopo pochi giorni, coinvolge il suo vicino di casa, un vecchio illustratore gay, nel tentativo di far fuggire la creatura. Il piano sarebbe destinato a fallire ma l'inserviente trova degli inaspettati alleati nella collega Zelda e nel professor Hoffstetler, lo scienziato che sta studiando l'anfibio e ritiene inutile la sua morte anche se è voluta dai suoi veri capi, essendo il professore una spia russa.
Sono tra quelli che ritengono eccessiva la pioggia di premi riservata all'ultima fatica di Guillermo del Toro.
La storia ha indubbiamente qualche buco di sceneggiatura: evidentemente era sbagliata la dieta dell'anfibio dato che una bella dose di piombo è servita a renderlo immantinente eroico e battagliero dallo stato stremato in cui si trovava appena arrivato al dock.
Molto nello stile di ripresa così movimentato dai dolly e dalla steadycam mi ha ricordato lo stile di Tim Burton a cui sarebbe stata congeniale anche la vicenda di un amore tra mostri dal cuore d'oro ed umani emarginati.
Il merito che riconosco alla pellicola ed è forse quello che ha incentivato i numerosi riconoscimenti, è l'abilità di aver trovato una via originale che supera il mero remake di un film di culto, in questo caso Il mostro della laguna nera. La forma dell'acqua non è un remake né un sequel ma prende spunto da un momento preciso perché nel film del 1956 la spedizione si divide sulla cattura o meno dell'essere. Guillermo del Toro immagina che abbia vinto la parte “cattiva” della spedizone e racconta il destino del povero mostro catturato, studiato e torturato per comprendere la sua respirazione anfibia e sfruttarla nella corsa spaziale contro i russi. Un destino molto simile a quello di chi oggi è discriminato per vari motivi e in nome di un bene superiore della nazione viene ritenuto sacrificabile o indegno di godere dei diritti civili più elementari.
Un altro elemento peculiare del capolavoro di Jack Arnold era la vena erotica del film con il mostro invaghito della bella della spedizione. Se nel 1956 ci si limitava al voyerismo acquatico della creatura, il regista messicano non teme di raccontare un amore fisico tra “razze diverse” consumato con passione.
Forse la capacità di stravolgere un classico adattandolo alla lettura storica del nostro tempo è stata -giustamente- più apprezzata che il mero gioco citazionista a cui siamo abituati.
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