USA 1947
con Joan Bennett, Michael Redgrave, Anne Revere, Barbara O'Neil
regia di Fritz Lang
L'ereditiera Celia (Cecilia nella versione italiana) in vacanza in Messico, sposa pochi giorni dopo averlo conosciuto, l'architetto Mark Lamphere. L'uomo nasconde quasi tutto il suo passato alla giovane moglie e solo quando arriva alla residenza di famiglia, Celia scopre che Mark è già stato sposato e ha un figlio quasi adolescente; nella magione, guidata dalla sorella Carolina, altra figura di cui Celia non sospettava l'esistenza, si trova la collezione di Mark: camere in cui sono stati commessi degli omicidi, una stanza però non è visitabile e Celia non resiste alla curiosità di aprirla..
Secondo ed ultimo film della Diana Production Company, la casa di produzione fondata dal regista con l'attrice Joan Bennett, fallita in seguito al flop commerciale di Dietro la porta chiusa, che nonostante gli esisti infausti al botteghino resta sempre un capolavoro di Lang.
Forse oggi sembreranno superate le spiegazioni psicanalitiche delle pulsioni omicide di Mark, dominato da un desiderio frustrato per la madre e dalla presenza di troppe figure femminili nella sua vita; di certo resta il capolavoro tecnico dell'uso del bianco e nero: se per il protagonista l'architettura rappresenta una via di sfogo alla sua fantasia malata tanto da definire “camere felici” le stanze dove si svolgono gli omicidi usando felice nel significato secondario di “adatto allo scopo”, l'uso delle ombre nella pellicola supera le valenze espressioniste e disegna una nuova architettura degli ambienti, sottolineando i toni angoscianti del buio: ci sono addirittura due momenti in cui la pellicola va a nero e immagino che vedere la pellicola in sala con il buio che avvolge totalmente lo spettatore nei momenti più drammatici non sia solo un espediente emozionante ma rafforzi anche il senso d'immedesimazione con il punto di vista del protagonista già indicato dal grande uso di soggettive.
Solitamente è la vicenda o le fantasie di Celia con cui lo spettatore è portato ad immedesimarsi, ascoltando il flusso dei suoi pensieri grazie alla voce off, ma dopo la presunta morte della protagonista lo stesso procedimento è riservato a Mark e ai suoi sensi di colpa nella scena onirica del processo.
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