USA 1933 Warner Bros
con Glenda Farrell, Fay Wray, Lionel Atwill, Frank McHugh, Arthur Edmund Carewe
regia di Michael Curtiz
Londra 1921: lo scultore Ivan Igor ha un rapporto morboso con le sue opere in cera che reputa alla stregua di persone vive e non pensa al guadagno che si può trarre dall'esposizione come invece fa il suo socio che per rientrare dai capitali investiti decide di dare fuoco al museo per riscuotere l'assicurazione; Igor rimane vittima del rogo per cercare di salvare le statue.
Dodici anni dopo, nel 1933 a New York, ritroviamo Igor in sedia a rotelle che sta per riaprire un nuovo museo delle cere grazie all'aiuto di alcuni scultori. Igor trova una grande somiglianza tra Charlotte, la fidanzata di Ralph, un giovane collaboratore e la sua adorata statua di Maria Antonietta che non ha ancora rimodellato dopo l'incendio londinese. La compagna di stanza di Charlotte, la sfacciata giornalista Florence Dempsey nota un'inquietante somiglianza tra alcune statue del museo e dei cadaveri misteriosamente scomparsi dall'obitorio e inizia a sospettare che le sculture non siano solo di cera..
Da La maschera di cera del 1933 è stato tratto il remake piuttosto fedele del 1953 di Andre De Toth il primo film in cui Vincent Price interpreta un mostro.
Le differenze tra le due pellicole possono aiutare a capire le differenze tra un film pre-code e uno girato quando la censura imposta dal Codice Hays si fonde con il perbenismo anni '50: a parte la piccola allusione alla dipendenza dalla droga del professor Darcy, colui che materialmente riveste i cadaveri rubati di cera, le differenze ruotano tutte attorno alla figura femminile, protagonista della pellicola del 1933 è la giornalista Florence Dempsey: sfacciata e strafottente con l'amica Charlotte che ha messo l'amore prima delle esigenze materiali, è sempre alla ricerca di nuove storie sennò rischia di perdere il lavoro, Florence non ha certo timore di infilarsi nella pericolosa cantina dell'allibratore/spacciatore Joe Worth e da vera smart girl è la prima a intuire l'orrido segreto nascosto nel museo di Igor ed è la prima a intervenire per salvare Charlotte dal “dono dell'immortalità" che le vorrebbe fare lo scultore.
Con tutto che è quasi sempre in scena l'attrice che interpreta Florence, Glenda Farrell, è solo terza nei titoli di testa del film, dopo il protagonista maschile e la scream queen per antonomasia, Fay Wray che entra in scena a metà film. Il vero colpo di scena resta comunque l'inaspettata proposta di matrimonio del direttore di Florence con cui la donna litiga sempre e che lei accetta anche se fuori l'aspetta il miliardario innamorato con cui era più prevedibile il lieto fine
La particolarità del film è di essere girato a colori, l'ultimo dei tre che la Warner gira con il technicolor bicromatico, un procedimento inventato dalla Technicolor che esponeva la pellicola girata in bianco e nero a due filtri colorati.
Curtiz usa in maniera ingeniosa l'effetto colore, sfruttandolo per accentuare il tributo alla cinematografia espressionista, in particolare al Il gabinetto del dottor Caligari di cui riprende certi viraggi gialli o blu e l'effetto straniante del technicolor bicromatico consente di citare le scenografie sghembe di certe riprese della scalinata ai sotterranei del museo sempre derivanti dal capolavoro di Robert Wiene.
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