Il film corale di Christopher Nolan sull'Operazione Dynamo, ovvero l'evacuazione da Dunkerque dell'esercito inglese sconfitto dall'inarrestabile marcia tedesca del maggio 1940 che a metà giugno occuperà Parigi, è un film molto bello ma come spesso mi capita con i film di Nolan, non lo trovo un capolavoro.
Dunkirk è inappuntabile da un punto di vista tecnico dalla composizione dell'immagine all'uso della colonna sonora, una partitura diversa per ogni linea narrativa strutturata secondo un canone ascendente che sottolinea l'ansia crescente del plot.
Come è risaputo il film alterna tre linee narrative: “di cielo, di terra e di mare” come diceva qualcuno una settimana dopo l'operazione Dynamo portando l'Italia in guerra, i tre livelli narrativi s'intrecciano nonostante la differenza temporale: l'attesa dei soldati sul molo dura una settimana, l'attraversamento della Manica da parte delle imbarcazioni private inglesi per andarsi a riprendere i soldati dura un giorno, l'operazione di copertura dei tre aerei Spitfire dura un'ora. L'intreccio delle tre linee temporali diverse funziona benissimo ma la cosa non mi stupisce più di tanto: la destrutturazione temporale è una nota caratteristica della teoretica del regista inglese e mi pare che abbia affrontato combinazioni spazio-temporali anche più azzardate in opere precedenti (ammetto di non essermi mai ripresa dalla montagna di cappelli di The Prestige).
Quello che non mi convince troppo di Dunkirk è il “messaggio”: non sono certo l'unica a trovare una latente esaltazione della Brexit nella storia narrata e certo non ci sarebbe nulla di male ad essere probrexit, per altro non ritengo che la figura del soldato francese sia così negativa, l'ho letta più come un'esaltazione dell'individualismo: Gibson non si accontenta di fingersi inglese, sarà sempre all'erta e non per paura di essere riconosciuto ma perché è cosciente che il pericolo è sempre in agguato ed ecco il perché del suo viaggio fuori dalla stiva dell'incrociatore nonostante la fame; la sua scelta lungimirante gli permetterà di aprire lo sportello e salvare moltissimi soldati riscattandosi così la sua “codardia” che lo ha portato a scappare dalla Francia.
Quello che veramente non ho sopportato è l'eccesso di retorica nella lacrima del roccioso comandante Bolton alla vista dell'arrivo delle imbarcazioni, commozione comprensibile e contagiosa ma sorge una domanda: una scena così l'avremmo accettata dal repubblicano Clint Eastwood che nel trattare la guerra si è sempre dimostrato molto più equilibrato e critico dell'osannato Nolan?
Ho visto il film domenica scorsa al Palazzo del Cinema appena inaugurato a Milano e l'esperienza non è stata così entusiasmante come mi aspettavo. solo per dire la cosa più grave il pubblico che entrava a film già abbondantemente iniziato, più o meno fino a quando Gibson sotterra il soldato a cui ha rubato la divisa: se solo gli ingressi non si fossero trovati di lato allo schermo!
Spero solo che si tratti di qualche inconveniente dovuto all'impaccio iniziale, sarebbe un peccato che un'iniziativa così lodevole e di successo cadesse sulle solite disattenzioni verso il pubblico delle sale cinematografiche.
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