USA 2015, 20th Century Fox
con Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Domhnall Gleeson
regia di Alejandro González Iñárritu
1823: un gruppo di cacciatori di pelli, guidati da Hugh Glass, subisce un attacco indiano che decima il gruppo, per altro già provato dalla dura battuta di caccia sulle nevi del Nord Dakota. Soprattutto l'animoso e avido John Fitzgerald incolpa il trapper e Hawk, il figlio mezzosangue che lo accompagna, dell'imboscata subita. Quando Glass rimase gravemente ferito dopo l'attacco di un grizzly, Fitzgerald insiste perché l'uomo venga ucciso per risparmiargli terribili sofferenze, salvo poi cambiare idea quando il capitano Henry offre una ricompensa a chi resterà con il ferito fino alla fine e gli darà una degna sepoltura. Il piano di Fitz è chiaro: impossessarsi del premio liberandosi dell'uomo una volta che il drappello sarà ripartito ma le cose non andranno secondo i suoi progetti..
Recupero The revenant quasi un anno dopo la liberatoria premiazione agli Oscar di Leonardo di Caprio che agguanta l'ambita statuetta alla quinta nomination; se quello di Hugh Glass sia il ruolo più riuscito dell'attore diventa questione secondaria rispetto al grande sforzo fisico che la lavorazione ha comportato e si sa che a questi temi “muscolari” l'Academy non è indifferente quindi ben venga l'Oscar a di Caprio, supportato da un ottimo cast di comprimari, Tom Hardy nel ruolo del gretto Fitzgerald e Domhnall Gleeson in quello dell'incerto capitano Henry.
Anche visto in televisione il film ammalia per la grandiosità dei paesaggi che sembra andar oltre allo sfondo spettacolare di una dura lotta per la sopravvivenza umana, sembra aleggiare su tutto una dimensione panica che fa colare sul western pennellate di atmosfere sovrannaturali e una volta tanto l'abusata frase “non ho paura di morire sono già morto” pare avere più senso di quanto s'immagini.
Glass sfugge alla morte ma per poter credere a una storia così fantastica è necessario ricorrere ai topos del genere horror/fantastico sennò come si fa a credere che un uomo sopravviva a un grizzly che lo rivolta come un calzino e che lui uccide con qualche coltellata ben assestata? Come può sopravvivere un uomo ridotto in fin di vita al gelo dell'alta quota dove dorme esposto alle intemperie dopo tuffi in acque gelide?
Allora ecco che per rendere accettabile la sospensione di incredulità il film è intriso di scene di genere horror: la prima ad uscire dalla tomba mal assestata di Glass è la classica mano che gratta la terra, ecco la scena tra le rovine della chiesa costruita più in chiave gotica che negli stilemi western ed ecco che per catturare il suo acerrimo nemico Glass deve fingersi ancora una volta morto e risorgere l'ennesima volta.
Non è certo Glass ad essere il fantasma benché sia il redivivo del titolo, è tutta l'atmosfera filmica ad essere intrisa di malinconia nel rincorrere fantasmi del passato: la comunione con la natura incontaminata, una civiltà distrutta che vaga raminga e desolata come un fantasma sulla propria terra occupata, la tristezza per la famiglia perduta: anche il Capitano Henry dice di non ricordare più il viso del figlio con un discorso tipico sulla morte che anticipa la sua dipartita.
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