I primi tre anni di pontificato di Lenny Belardo inaspettatamente eletto a soli 47 anni. Il giovane papa, ritenuto facilmente manovrabile, sconcerta tutti scegliendo il nome di Pio XIII riallacciandosi all'intransigenza conservatrice dei predecessori con quel nome e decidendo di non mostrarsi mai ai fedeli, almeno fino all'ultimo (?) viaggio a Venezia..
Da sempre affascinato dal tema del potere, era prevedibile che prima o poi Paolo Sorrentino indagasse la figura del Papa dove il potere terreno con i suoi aspetti più triviali trascende nel misticismo.
Il mezzo televisivo permette al regista un'analisi approfondita spacciando per serie tv un film lungo 10 ore che ha fidelizzato il pubblico con buona pace di chi solo qualche mese fa criticava la lunghezza ritenuta improponibile del film Leone d'Oro a Venezia 2016, The Woman Who Left di Lav Diaz.
Sorrentino non rinuncia a nulla del suo stile barocco e rarefatto, non concede nulla al più indolente pubblico televisivo anche se di nicchia come quello di una pay tv dedicata al cinema e lo conquista con la storia di un uomo estremamente complesso dove luce e ombra coesistono di pari grado: basti dire che Lenny Belardo è un uomo in grado di compiere miracoli ma che non crede in Dio, infatti a tutti pone la stessa domanda, anche alla escort incontrata per caso in un bar: dove/come ha trovato Dio.
Belardo coglie solo l'assenza di Dio, riflesso di quella dei suoi genitori che lo hanno abbandonato in orfanotrofio per potersene andare a Venezia.
Seppure non crede (o crede di non credere) Pio XIII è prima di tutto un sacerdote estremamente ligio ai suoi voti, a partire da quello di castità, pur essendo un uomo estremamente bello e conscio di esserlo, tanto da risultare incorruttibile e da sconcertare i tentativi di ricatto da parte dello scaltro Segretario di Stato, il cardinal Voiello, politico senza scrupoli disposto a tutto per la Chiesa, che forse ama solo un po' meno dell'adorato Napoli ma che poi si rivela capacissimo di gesti di grandissima umanità, in apparente contraddizione con la sua natura manipolatrice che alla fine trova anche il modo di circuire il monolitico papa portandolo a decidere il viaggio veneziano sulle cui conseguenze si chiude la prima stagione della serie.
Se la complessità dell'animo umano è sempre stata al centro del cinema di Sorrentino, il regista napoletano si caratterizza anche per il gusto dell'iconografico dell'immagine e l'iconografia ha un peso fondamentale in The Young Pope, Belardo ci viene mostrato quasi sempre mentre fuma e non si è mai visto un Papa fumare, per lo meno non in pubblico, la scelta non è solo simpaticamente insolita ma sottolinea il tentativo di dipingere il ritratto intimo di una figura pubblica, anche il non volersi mostrare non è solo uno sfizio per elencare i più celebri artisti che rifiutano di farsi riprendere, da Salinger a Mina, passando per Kubrick ma sottolinea un dato di fatto: non abbiamo immagini di un papa che esulino dagli aspetti pubblici della sua vita, non esistono scatti rubati, intimi di un papa durante il pontificato ma ne conosciamo solo l'immagine istituzionale mentre Belardo ci viene mostrato negli aspetti più banali della sua esistenza come nel fare ginnastica.
L'iconografia pittorica ha poi un ruolo fondamentale perché è il primo linguaggio con cui la religione ha comunicato con i fedeli e molti sono i messaggi che il regista affida ai quadri scelti: se Pio XIII è un po' la summa di tutti gli ultimi papi, La donna barbuta dello Spagnoletto richiama tanto quel "Dio è madre" di Giovanni Paolo I.
Ovviamente non si può non parlare della bellissima sigla che tanto ha colpito positivamente, in rete si trovano numerosi articoli che elencano i quadri mostrati, una sorta di summa dell'immagine della chiesa nel corso dei secoli fino a La nona ora di Maurizio Cattelan. Mi pare più interessante notare che nella sigla del quinto episodio, quello in cui Pio XIII compie le scelte più intransigenti, manca l'opera di Cattelan e le letture della scelta possono essere molto interessanti.
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