Stephen Strange è un neurochirurgo di fama mondiale, tanto bravo quanto arrogante. In seguito a un incidente automobilistico le sue mani perdono la fermezza necessaria per le delicate operazioni che hanno fatto la grandezza di Strange. Dopo aver sperimentato tutte le tecniche mediche per riacquistare la manualità, Strange si affida al misticismo e parte per il Nepal, alla ricerca del tempio di Kamar-Taj retto dall'Antico. Ammesso allo studio delle arti mistiche, il Dottor Strange rivelerà delle doti per la stregoneria che lo porteranno a combattere una battaglia per il bene dell'umanità.
Arriva sul grande schermo il quattordicesimo eroe Marvel (e mi domando con un po' di apprensione quanti ce ne siano ancora nel cassetto) che ha le fattezze di Benedict Cumberbatch e molto del personaggio che lo ha portato al successo, Sherlock: arrogante al limite della sociopatia, anche Strange ha grandissime capacità intellettive tanto che quando gli viene chiesto dove immagazzini tutte le sue conoscenze qualsiasi fan di Sherlock risponde automaticamente “nel suo palazzo mentale!”.
Anche l'abbigliamento sfiora delle similitudini: da quello trasandato durante la depressione al bavero rialzato del mantello della levitazione, ed infine l'Antico consiglia di contare sempre sulla complicità di Karl Mordo, alludendo così alla necessità di un Watson.
In fondo però è interessante che il personaggio televisivo che vive di sola logica si trasformi nel solo supereroe cinematografico che maneggia poteri occulti: è un elemento metacinematografico che rappresenta la doppia natura di Strange, dedito alla scienza e alla magia.
Le dicotomie sono presenti nel film non solo nella composizione del personaggio ma anche nell'impianto visivo, indubbiamente Doctor Strange ha gli effetti speciali migliori apparsi in un comics, debitori certo ad Inception ma che hanno anche referenti nella pittura surrealista contemporanea di Octavio Ocampo (quando il volto di Strange è formato dal moltiplicarsi delle mani) e di Escher, scelte raffinatissime che si scontrano con una rappresentazione piuttosto scontata dell'universo, un po' troppo glitterato per i miei gusti, come il look del perfido Kaecilius e i portali formati da quei circoli di luce che mi pare si possano creare e fotografare con diversi cellulari.
Anche il mio godimento personale è stato piuttosto altalenante tra la gioia per gli occhi e la classica trama formativa del nuovo eroe che prende coscienza dei suoi poteri, un po' noiosa nonostante i tocchi umoristici.
Di certo il cast è eccezionale per qualità recitativa confermando ancora una volta il talento trasformista di Tilda Swinton.
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