Usa 1922 Paramount
con Rodolfo Valentino, Nita Naldi, Lila Lee
regia di Fred Niblo
Juan Gallardo, povero ragazzo di Siviglia, diventa uno dei più grandi matador della Spagna, felice e sposato con la compagna d'infanzia Carmen, fino all'incontro con la marchesa Doña Sol che lo seduce e non vuole lasciarlo, mettendolo in imbarazzo anche davanti alla madre e alla sposa. Lo scandalo travolge anche la sua carriera di torero e Juan rimane mortalmente ferito nell'arena ma prima di spirare ottiene il perdono dell'amata Carmen.
Sangue e Arena ha aperto la settima edizione stagione del Gran Festival del Cinema Muto di Milano, quest'anno tutto dedicato a Rodolfo Valentino, di cui ricorre il novantesimo anniversario della morte.
Il film è noto per il remake del 1941 diretto da Rouben Mamoulian ed interpretato da Tyrone Power e Rita Hayworth, pellicola che riprende piuttosto fedelmente la trama della prima versione con Valentino.
Il film del 1922 non spicca per meriti artistici, è una grande produzione costruita su misura per il divo italiano che ha per comprimarie due grandi star del cinema muto come Nita Naldi e Lila Lee; ancora una volta, pur non trovando Valentino bellissimo nelle fotografie, sono rimasta affascinata dalla sua capacità di “bucare” lo schermo e ammaliare ancora oggi gli spettatori.
In questa pellicola l'attore dimostra una buona capacità recitativa, infatti non interpreta il solito ruolo di seduttore ma un uomo che, pur essendo molto innamorato della moglie, ha il solo torto di non saper resistere alla maliarda che lo seduce solo per la sua celebrità.
Della vamp d'inizio secolo la star Nita Naldi mette in scena tutto il repertorio: le mani artigliate che si avvinghiano all'uomo, l'anello serpentino che appartenne addirittura a Cleopatra, i molli divani con pelli di tigre dove fumare droghe lasciando sconcertato Gallardo, che in fondo rimane sempre un semplice popolano che ha avuto successo e al primo appuntamento con la seduttrice non vuole lasciare andare via l'amico che lo ha accompagnato nella fastosa residenza perché non sa cosa dire alla smaliziata marchesa.
La vicenda personale di Gallardo s'intreccia con la sua vicenda pubblica di eroe nazionale per il coraggio come matador: le riprese della corrida sono poche e girate da lontano a Valentino spetta il compito di sfoderare le sue capacità di ballerino in un flamenco nella taverna.
A dare ancora più spessore al lato tragico, e per certi versi scaramantico, della trama c'è il personaggio dello studioso che dal suo antro dove raccoglie strumenti di tortura osserva il destino di Gallardo e lo annota su un grande libro, è una chiara rappresentazione del Destino: quando gira la clessidra inizia il fato nefasto del torero, con l'incontro della donna che lo porta alla rovina.
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