In un impeto di follia ieri ho deciso di visitare The Floating Piers sul Lago d'Iseo: era l'ultimo giorno, per giunta festivo, avrei dovuto sobbarcarmi ore di code come paventava la stampa invece con un minimo di organizzazione e una botta di fortuna non ho fatto neppure una coda.
Partiti da Tortona alle 15,00 siamo usciti a Seriate intorno alle 16,30 per risalire la Val Seriana fino Piangaiano e scendere poi a Tavernola Bergamasca con l'intento di prendere il traghetto delle 17,40. All'altezza di Riva di Solto abbiamo trovato la strada chiusa per una frana ma gentilmente indirizzati da chi smaltiva il traffico abbiamo costeggiato il lago fino alla costa bresciana e siamo arrivati a Molare alle 18,00 prendendo il battello per Montisola che partiva alle 18,30. Siamo scesi alle porte di Peschiera Maraglio, il paesino dove arrivava la passerella galleggiante A da Sulzano e abbiamo iniziato la nostra visita con tanto di saltino e balletto stile Mago di Oz perché da quando ho visto le prime immagini del floating piers ho subito pensato al sentiero giallo che conduceva a Oz.
Dell'opera di Christo è stato detto tutto e il contrario di tutto, soprattutto dai media che sono passati dall'esaltazione che ha preceduto l'apertura, alla denigrazione degli ultimi giorni cavalcando il parere di celebri critici d'arte che si sono scagliati contro di essa: resta il fatto che camminarci sopra è stata un'esperienza notevole per la bellezza degli scenari di cui si godeva un punto di vista inconsueto e per la piacevolezza di camminare sull'acqua: sono una persona decisamente sedentaria ma oggi ho i muscoli molto meno indolenziti di quando mi ricordo di fare la mia passeggiata serale di un'ora.
Arrivando alla questione fondamentale se Floating Piers sia un'opera d'arte o meno io rispondo in maniera decisamente affermativa e non mi appello alla Land Art o al passato di tutto rispetto di Christo e Jeanne Claude.
The floating piers ha avuto un significato concettuale piuttosto pregnante: la sua unicità e la sua breve durata sono ancor più significativi per il luogo scelto: l'Italia, paese dalle bellezze storiche e artistiche millenarie in cui il compito dell'arte è principalmente quello di preservare il patrimonio.
Contestualizzata storicamente l'opera ha ancora un'altra chiave di lettura: mentre il mondo è sconvolto dal terrorismo islamico, un milione e mezzo di persone si sono ritrovate nell'arco di quindici giorni a camminare fianco a fianco senza esser sottoposte a nessun controllo: andrebbe studiato il ruolo catartico di aver sentito parlare praticamente in contemporanea dal più stretto dialetto bergamasco alla più astrusa lingua straniera e questo accadeva a ogni turista: Christo ha annullato non solo la forza di gravità ma soprattutto il senso di appartenenza nel suo aspetto più deteriore e campanilistico.
Certamente usufruire in solitaria dei ponti galleggianti sarebbe stato più piacevole e interessante: posso solo immaginare cosa avrebbe potuto essere veder srotolare davanti a sè chilometri di quel nastro cangiante nel colore e nel movimento imposto dalle onde ma viviamo nella società di massa ed è un diritto delle masse godere della bellezza per quanto la possano o la vogliano capire, per quanto la trasformino in un mezzo mondezzaio (obbligatoria la chiusura notturna per questioni d'igiene che all'inizio non era stata preventivata) e la trasformino anche in una sagra di paese come dice Daverio però non ricordo lo stesso accanimento per The Dirty Corner di Anish Kapoor che puntava sempre su sensazioni ludiche ed è finita vandalizzata a Versailles, ma eccoci al vero nodo cruciale: l'arte è un diritto di tutti o è elitaria, riservata solo a chi è in grado di comprenderla? La risposta di Christo mi pare decisamente chiara.
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