con Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero de Rienzo, Vinicio Marchioni, Iaia Forte
regia di Valeria Golino
Irene, una trentenne che ha lasciato gli studi di medicina, si mantiene praticando illegalmente l'eutanasia assistita ai malati terminali, con il nome in codice di Miele. Per la ragazza si tratta quasi di una missione ma quando entra in contatto con un anziano ingegnere che ha scelto di morire per sfuggire alla depressione, le certezze di Miele vanno in crisi..
Il notevole debutto alla regia di Valeria Golino si occupa di un tema devastante come quello dell'eutanasia assistita: con pudore e restando sempre a distanza, la macchina da presa ci introduce nelle esistenze fatte di tali sofferenze da indurre a preferire la morte. Il tema è centrale ma narrato senza clamore, facendo quasi da sfondo alle vite di chi viene in contatto con i malati: più che alla madre del ragazzo distrofico, dice molto l'incontro fortuito in aeroporto tra Miele e la sorella di un paziente: racchiuso in un fuggevole scambio di sguardi c'é il senso di colpa della donna che sta finalmente facendo un viaggio di piacere.
Protagonista assoluta del film è Miele superbamente interpretata da Jasmine Trinca: il film si apre su di lei nascosta da una porta a vetri e molto spesso la protagonista è celata o isolata come se non si riuscisse a entrare nel suo intimo: è una ragazza giovane, bella che ha scelto di essere un “angelo dela morte” forse per la malattia della madre. Tutto resta nebuloso come i suoi rapporti amorosi, la tresca con l'uomo sposato, forse un amore ancora in sospeso per il medico che l'ha introdotta nel giro dell'eutanasia. A spezzare la corazza di Miele sarà proprio l'ingegner Grimaldi e vediamo la ragazza trasformarsi: dall'espressione chiusa, decisa che la contraddistingue, il volto di Miele finisce per riaprirsi al sorriso anche se a sua volta non riesce a capire fino in fondo il mistero di Carlo Grimaldi.
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