Xavier Racine è un severo presidente di corte d'assise, scrupoloso e pignolo, per nulla amato dallo staff del tribunale che presiede. Un giorno durante la composizione di una giuria popolare per un un caso d'infanticidio, il giudice ritrova tra i giurati Ditte Lorensen-Coteret, la donna di cui è stato profondamente innamorato anni prima..
La corte di Christian Vincent era stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2015 dove aveva ricevuto il Premio per la miglior sceneggiatura e Fabrice Luchini aveva meritatamente vinto la Coppa Volpi per il ruolo del giudice Racine.
Non può non colpire che il protagonista si chiami come il celebre drammaturgo francese e nel corso del film la figlia di Ditte descrive la seduta in tribunale come una messa in scena teatrale, poi lo stesso Racine spiega ai giurati che compito del processo non è scoprire la verità ma la giustizia ha il compito di ristabilire l'equilibrio sociale che il reato ha infranto: ancora una volta si sottende una rappresentazione.
Il regista sa rappresentare nel microcosmo del tribunale interi mondi: gli scontri etnici tra i componenti della giuria, le pennellate a volte drammatiche a volte divertenti che descrivono i testimoni, gli avvocati. Si ride spesso nel film, di un sorriso bonario ed umano sullo sfondo della tragedia famigliare della giovane coppia disadattata in cui il marito si è accusato della morte violenta della figlia neonata.
In questo universo di profonda umanità spicca la figura di Xavier Racine, apparentemente un freddo burocrate della legge, un giudice a “due cifre” perché gli imputati che giudica colpevoli scontano almeno dieci anni, eppure l'incontro con la donna del suo passato svelerà ancora una volta un'umanità profonda, un sentimento purissimo che si è sviluppato in maniera molto insolita. La sua riscoperta provoca una rinascita nel giudice a dimostrazione che la "bellezza salverà il mondo".
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