Joy è una trentenne molto volonterosa e di buon cuore che ha rinunciato ai suoi sogni per occuparsi di tutta la famiglia: nel seminterrato ospita il marito divorziato con cui ha avuto due figli, si occupa della madre depressa che da anni vive reclusa in casa guardando solo soap opera. Torna a vivere da lei anche il padre sciupafemmine appena lasciato e già in procinto d'innamorarsi di una ricca vedova. Un giorno Joy ha un'idea brillante per un mocio che si strizza da solo e per una volta nella vita esige dalla famiglia l'aiuto che le deve..
Joy avrebbe potuto essere un film interessante perché l'ascesa di una donna che dal nulla riesce a creare un'impero economico avrebbe potuto essere stimolante per le donne impegnate nelle battaglie per ottenere lo stesso stipendio degli uomini e un ottimo esempio per le ragazzine a cui sono dedicate diverse campagne perché abbiano il diritto di fare ciò che vogliono: tra l'altro è proprio riconettendosi con la sua parte infantile di fantasiosa inventrice che Joy, dopo un lungo letargo, trova le forze per inventare un prodotto rivoluzionario e combattere per far valere i propri diritti.
A non funzionare è lo stile scelto: la voce off della nonna dona alla storia una dimensione fiabesca (la neve ricorda un po' Edward Mani di Forbice) reso fintamente cinico dalle atmosfere da soap opera. Il messaggio positivo di donna volitiva si perde così nella morale da Cenerentola per cui Joy sembra venir premiata col successo finale più per il suo buon cuore visto che perdona più volte i tiri mancini dei parenti che la ostacolano. Minor risalto ha invece l'impegno con cui persegue il suo intento, impegno che si sa, per una donna dev'essere più di quello speso da un uomo; a ben pensarci se taglio fantastico doveva essere era più indicato il genere supereroi(na).
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