Nel 1975 John Connolly, un agente dell'FBI cresciuto nei quartieri malfamati di South Boston, propone un alleanza all'amico d'infanzia Jimmy “Whitey” Bulger, piccolo boss della malavita irlandese: informazioni sulla mafia italiana in cambio di protezione. Bulger accetta strumentalizzando l'offerta: in cambio di informazioni spesso di seconda mano si libera della concorrenza italiana e diventa uno dei boss più pericolosi della malavita americana.
Black Mass si segnala per la prova degli attori, che va ben oltre allo scalpore suscitato da Johnny Depp, moraccione truccato credibilmente da albino con un paio di lenti a contatti azzurre che rendono ancora più inquietante il gelido sguardo dello spietato Bulger. A colpire è soprattutto la postura dei tre protagonisti, Johnny Depp implacabile e freddo, l'andatura da bullo di Connolly interpretato dal sempre ottimo Joel Edgerton, il sussiego indifferente di Benedict Cumberbatcht nei panni del fratello senatore di Bulger, e poi le facce incredibili dei componenti la banda di Winter Hill.
Che Scott Cooper sia un ottimo direttore di attori lo dimostra anche il suo film precedente, Il fuoco della vendetta, la resa emotiva invece non sembra essere il suo forte anche se l'ennesima connivenza di un'agenzia americana collusa con chi dovrebbe combattere in nome di una vittoria più grande offrirebbe molti spunti di riflessione, anche attualissimi. Black Mass, invece, si rivela un film piacevole alla visione ma profondamente didascalico, bello e senz'anima come i suoi personaggi: si ricostruisce pedissequamente la storia del pericolo pubblico n°2 (dopo Osama Bin Laden!) senza toni epici e soprattutto senza trarne una morale che è affidata alle didascalie finali: Connelly che aveva ideato l'accordo tra FBI e Bulger, è quello che sconta più anni di galera di tutti gli altri (escluso il boss) perché non patteggia, convinto che i "danni collaterali” valessero bene il risultato della sconfitta di Cosa Nostra a Boston.
Commenti