In un centro commerciale di Jesolo, Bruna, un'estetista vessata dalle rate per i macchinari, fa amicizia con Dino, il tatuatore che ha il negozio vicino al suo e vive le stesse difficoltà economiche.
Per arrotondare, Bruna si occupa dell'estetica di una carcerata, Norma Pecche, madre di un famoso bandito. In punto di morte la donna confida alla ragazza e al prete del penitenziario che in una sedia del suo salotto è nascosto un tesoro: Bruna si mette alla ricerca del bottino ma dovrà ricorrere all'aiuto di Dino..
L'ultimo film di Carlo Mazzacurati, uscito postumo a tre mesi dalla morte del regista, ha il sapore di un testamento per la presenza di camei di moltissimi attori che Mazzacurati ha contribuito a rendere celebri, da Fabrizio Bentivoglio a Roberto Citran, da Antonio Albanese a Silvio Orlando.
La sedia della felicità sfrutta uno dei cliché cinematografici che Mazzacurati sa dirigere con mano felice, quella della strana coppia di disperati pronta a tutto per arrangiarsi come ne Il Toro e La lingua del Santo, questa volta il gioco di coppia riserva risvolti sentimentali visto che i protagonisti sono di sesso opposto e la felicità del titolo è il ritrovamento di una stabilità emotiva, più che una economica.
A sparigliare le carte c'é il terzo incomodo, il prete del carcere anche lui impegnato nella ricerca del tesoro perché vittima del videopoker. Lo interpreta un Giuseppe Battiston strepitoso nei panni di un inossidabile Rasputin veneto che utilizza i metodi più improbabili per ricercare le sedie che nel frattempo sono state separate.
Quella che era una divertente e puntuale satira dei costumi della provincia (punto di forza della teoretica di Mazzacurati) si trasforma in una fiaba sempre più surreale e divertente con l'entrata in scena del formidabile prete, forse si perde in realismo ma si guadagna in divertimento e ci si ricorda di un buon regista con un sorriso divertito.
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