Pietro Zinni, ricercatore universitario sulla soglia degli anta, rigorosamente precario, viene di colpo licenziato dall'università perdendo il misero stipendio che gli permetteva di sopravvivere con la fidanzata Giulia. Cercando di farsi pagare da uno studente a cui dà ripetizioni, Pietro scopre il mercato delle droghe di sintesi e decide di creare e mettere sul mercato una nuova pasticca che non essendo segnalata dal Ministero della Sanità, tecnicamente non è illegale. Per portare a termine l'impresa si avvale di una banda raffazzonata tra i migliori cervelli italiani costretti a sopravvivere con umili impieghi..
L'esordio nel lungometraggio di Sydney Sibilia è un'esilarante commedia acida come le droghe che propina e come la fotografia dai colori usciti da un filtro di Instagram.
Lo stile di scrittura è quello dalle battute fulminanti di Boris di cui è presente anche buona parte del cast (notevole l'aplomb da perfetto archeologo dell'ex jena Paolo Calabresi, il temibile tecnico delle luci Biascica nella serie televisiva).
La sinossi potrebbe far pensare a una certa somiglianza con Breaking Bad invece il gioco parodistico è più sulle serie italiane visto che l'improponibile banda diventa la versione nerd e sfigata di Romanzo Criminale la serie. Il gioco è anche metatelevisivo vista la presenza di Neri Marcorè nel ruolo del Murena, boss dello spaccio romano che rivela a sua volta un passato colto, idea già proposta in una delle prime interpretazioni dell'attore all'Ottavo Nano quando faceva il modello vanesio ed era in realtà un laureato riciclatosi in questo ruolo.
Ottima conferma per il protagonista Edoardo Leo che nella scena finale degna della miglior tradizione della commedia all'italiana mi ha ricordato la svagatezza di Nino Manfredi.
Smetto quando voglio è la miglior commedia italiana in sala al momento ma non avendo nel cast comici di richiamo non avrà (soprattutto in provincia) lo spazio che merita, quindi affrettatevi a vederlo.
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