Arturo, palermitano, classe 1969, da sempre innamorato della compagna di scuola Flora non riesce a conquistare l'amata per colpa della mafia
Il debutto alla regia di Pif, ex iena ed ora Il Testimone di Mtv che ha anche coprodotto il film (se non erro primo caso, almeno per Mtv Italia) si segnala per la rara intelligenza dell'opera: far ridere su un cancro enorme e malevolo come quello mafioso con un'anticlimax progressiva che conduce alla commozione finale. L'evoluzione emozionale è inversamente proporzionale alla negazione del fenomeno mafioso per cui più si nega il problema più è grottesca la situazione che si crea: nei primi anni '70 gli attentati per mafia vengono liquidati come "questioni di fimmine" tanto che il piccolo Arturo si convince che innamorarsi porti alla morte e reagisce scompostamente all'improvviso colpo di fulmine per la nuova compagna di scuola, Flora. Quando abbandona questa convinzione e cerca un modo per dichiararsi all'amata, è il giorno in cui a Bontà loro, va in onda la celeberrima intervista di Costanzo ad Andreotti, la prima in cui ad un politico viene domandato del suo privato e il fatto che racconti come si sia dichiarato alla moglie trasforma Andreotti nell'idolo di Arturo dando luogo a gag divertentissime.
L'ingenuità e la sfiga del protagonista sono in realtà un modo per raccontare l'indifferenza prima e il fastidio poi dei palermitani verso una realtà che non volevano affrontare (e se si chiudevano gli occhi lì dove si era in prima linea, figuriamoci nel resto d'Italia che liquidava la mafia come un fenomeno locale!) una presa di coscienza che diventa nazionale e nel giro di vent'anni porta dalla negazione alla rabbia e il desiderio di partecipazione, che segue agli omicidi di Falcone e Borsellino, culmina nel bacio che mi ha ricordato quello durante gli scontri a Gezy Park nelle manifestazioni turche anti Erdogan dell'estate scorsa.
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