Serata evento ieri per l'unica data nelle sale di Indebito, il documentario sulla musica Rebetiko nato dalla collaborazione tra Vinicio Capossela e il regista Andrea Segre.
I due artisti erano al cinema Anteo di Milano per un'intervista introduttiva tenuta dal conduttore radiofonico Federico Taddia che è stata vista anche in tutte le altre sale grazie al collegamento satellitare. Vinicio spiritoso e brillante come sempre mentre Segre, che mi ricordavo molto più perfettino all'uscita di Io sono Li, sfoggiava un barbone più anarchico di quello del cantante.
Il documentario arriva a conclusione di un percorso nel genere musicale a cui Capossela ha dedicato un disco (Rebetiko Gimnastas), un libro (Tefteri) e ora un film. L'incontro con la musica ribelle greca avviene nel '98 e il primo esperimento è Contratto per Karelias pubblicata in Canzoni a manovella del 2000 che viene reinterpretata anche nel documentario.
La musica Rebetiko è un genere musicale nato dopo la grande fuga da Smirne del 1922 quando in seguito al crollo dell'impero ottomano scatta l'odio razziale tra greci e turchi con diversi passaggi di mano della città e conseguenti carneficine. I greci rimpatriati senza più nulla sono emarginati in Grecia, vivono in estrema povertà nelle città portuali come Salonicco e si sottoliena l'interessante parallelo con la nascita di altri generi musicali "sofferti" come il fado o il tango sempre in città di mare.
Il Rebetiko assume nuova importanza nella Grecia distrutta dalla crisi economica e l'eterna bellezza greca e i suoi nuovi orrori sono descritti dalla fotografia sempre superlativa di Luca Bigazzi. La musica diventa un modo per ritrovare le proprie radici e ritrovare speranza ripensando ad altre crisi altrettanto epocali come quella smirniota ed è su questi aspetti che indaga il documentario a cui sono state mosse accuse di retorica per il racconto off di Capossela e la sua istronicità piuttosto distante dalla composta dignità degli interpreti di Rebetiko. Esigenze di drammatizzazione della storia, la natura stessa del nostro artista possono però giustificare questa scelta stilistica.
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