The Hobbit: An Unexpected Journey 2012
con Martin Freeman, Richard Armitage, Ian McKellen,
regia di Peter Jackson
Sessant'anni prima delle avventure di Frodo, suo zio Bilbo Baggins era stato coinvolto controvoglia da Gandalf il Grigio nella spedizione di tredici nani guidati da Thorin Scudodiquercia nella riconquista del regno di Erebor, gloriosa città nanica distrutta dal terribile drago Smaug; durante l'impresa Bilbo entra in possesso dell'anello che sarà all'origine dell'avventura del nipote.
Era più che prevedibile che dopo l'enorme successo della trilogia de Il Signore degli Anelli arrivasse sul grande schermo Lo Hobbit, prologo alla trilogia dell'Anello scritto da Tolkien nel 1937.
C'era grande attesa per il ritorno nella fantastica Terra di Mezzo, la cui realizzazione filmica ha inciso profondamente sull'immaginario collettivo nel XXI secolo.
Che aspettative così alte venissero in parte tradite è altrettanto logico soprattutto se si pensa che da un unico romanzo si vuole trarre l'ennesima trilogia anche se il progetto iniziale era quella di un film in due parti e la prolissità del racconto si evince dalla lunghezza del primo capitolo: più di due ore e mezza per raccontare solo la prima parte dell'impresa fino al salvifico ritrovo di Picco delle Aquile. Sono stati fatti diversi innesti per collegare più strettamente le due trilogie soprattutto la cornice con il vecchio Bilbo Baggins che scrive le sue memorie di nascosto a Frodo.
Quello che manca realmente al film è l'omogeneità stilistica ondeggiando tra l'epicità che richiama la saga dell'anello e i momenti di comicità che vorrebbero stemperarne gli eccessi. Riconosciuti i molti difetti che non ne fanno un capolavoro va detto anche che la pellicola è più che dignitosa con la capacità di affascinare lo spettatore e coinvolgerlo nelle avventure di Bilbo non facendo pesare la lunghezza dell'opera: siamo lontani dalla potenza visiva de Il signore degli Anelli ma la capacità affabulatoria di Jackson non viene meno.
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