Ladri di biciclette, Vittorio De Sica, 1948
Il capolavoro neorealista di Vittorio De Sica segue il disoccupato Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani) e il giovane figlio Bruno (Enzo Staiola) mentre cercano affannosamente la loro bicicletta rubata, in una depressa Roma dell'immediato dopoguerra. In linea con i canoni del neorealismo, De Sica ha girato solo in loco ed ha impiegato esclusivamente attori non professionisti (Maggiorani era stato un operaio in fabbrica). Premiato e molto apprezzato, il film è stato realizzato con un budget di appena 133 mila dollari. La ricerca porta gli spettatori dalla desolata periferia della città fino al mercato delle biciclette che ancora esiste a Porta Portese. È qui che inaspettatamente Bruno cade sotto la pioggia battente, inascoltato dal padre, che è ossessionato dalla ricerca della sua preziosa - e, infine, perduta - bicicletta.
Vacanze Romane, William Wyler, 1953
Lontana dal trambusto della vita romana, Via Margutta è una strada lastricata nei pressi di Piazza di Spagna, avvolta dall'edera e piena, al giorno d'oggi, di gallerie d'arte, ristoranti e boutique. È stata una casa per Federico Fellini e Truman Capote, ed al numero 51, la Principessa della Corona Anna (Audrey Hepburn) ha iniziato la sua storia d'amore fugace con un corrispondente estero americano, Joe Bradley (Gregory Peck) nell'incantevole, anche se improbabile, commedia che ha reso famosa la Hepburn e l'ha legata per sempre ad una Vespa che sfreccia per Roma nell'immaginario collettivo. «Avete il mio permesso di ritirarvi ...» farfugliava la Hepburn, ignara di essere stata sedata in precedenza, prima di lasciar scivolare la gonna a terra. «Perché, grazie mille», risponde il gentiluomo Peck e la lascia riposare da sola. Non è il solo volto di Roma, che è cambiata da allora.
La Dolce Vita, Federico Fellini, 1960
Fellini ha detto che «La censura è pubblicità pagata dal governo». Tuttavia il suo lavoro più importante non è stato, per fortuna, censurato. Ma La Dolce Vita ha ricevuto di certo una grande pubblicità gratuita grazie alle numerose richieste da parte della Chiesa Cattolica affinché fosse vietato. Così è stato anche per Via Veneto, divenuto un luogo ricercato ed alla moda. La sua frivola società da cafe era l'ambiente da cui il giornalista, ed antieroe di Fellini, Marcello (Marcello Mastroianni) ha preso vita. Via Veneto è stata anche il luogo di lavoro del braccio destro di Marcello, Paparazzo. Il suo nome viene attribuito da allora ai fotografi che fotografano le celebrità in frangenti compromettenti e quando sono più vulnerabili. Via Veneto rimane una delle vie più esclusive di Roma, ma non è più considerata di moda da nessuno ad eccezione dei ricchi turisti americani e russi.
Roma, Federico Fellini, 1972
«Il mondo deve seguire la Chiesa, e non viceversa.» Sussurra uno spettatore alla fantastica sfilata vaticana di Fellini.
Tra coloro che sfilano in passerella ci sono dei porporati in versione roller-skater, abiti di raso e suore dall'aspetto severo che indossano copricapi con delle ali giganti. Ci sono mitre con neon lampeggianti e chierici in bicicletta.
Questa scena elaborata da Nino Rota, e accompagnata spesso da inquietante musica d'organo, si contrappone ad una successiva, eccessiva, dove prostitute a seno nudo, in tempo di guerra, invitano gli uomini a farle loro per una notte. Il film di Fellini è effettivamente senza trama, ma la forza delle sue immagini e dei particolari lo rende la visione quasi compulsiva.
Habemus Papam, Nanni Moretti, 2011
Quando un cardinale francese si rifiuta di accettare la sua elezione a papa, viene deciso che la cosa migliore sia di portarlo da uno psichiatra. Il confuso, ma comunque astuto cardinale Melville (Michel Piccoli) coglie l'occasione per fuggire dall'ordinaria vita di Roma. Via Cola di Rienzo è una significativa strada a nord del Vaticano, che è quasi sconosciuta ai turisti, ma molto frequentata dai Romani del centro storico e del circostante quartiere Prati. È qui che il confuso prelato di Moretti, non venendo riconosciuto come il neoeletto Papa, si ricorda di un'umanità semplice che così spesso manca nella visione profondamente pessimistica della sua Chiesa del mondo contemporaneo.
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