Jep Gambardella avrebbe potuto essere uno scrittore di successo, almeno stando alla promessa del suo unico romanzo, L’apparato umano, scritto in gioventù. L’uomo ha però preferito farsi ammaliare dalla mondanità diventando una delle anime della notte romana.
La dolce Vita cinquantatrè anni dopo: se nel film di Fellini “c’era già tutto” cioè la decadenza dei decenni a venire, ne La grande Bellezza “non c’è più nulla” e Sorrentino narra con il suo inconfondibile stile grottesco l’inutile agitarsi di una società morta, metafora dell’attualità italiana come ci ricorda l’appartamento vista Colosseo che richiama ovviamente la vicenda Scajola e la Concordia rovesciata al largo del Giglio.
Solo la morte riesce a scuotere l’imperturbabile superficialità di Jep Gambardella, sessantacinquenne disilluso che ha sacrificato tutto, talento e amore, alla vita mondana. Nella sua vacua leggerezza Gambardella ha anche flirtato con la morte: visitando vecchi palazzi nobiliari nelle ore più improbabili, facendo dei funerali una recita ad effetto per aumentare il proprio ascendente ma il flâneur vacilla quando la morte lo tocca da vicino con la scomparsa improvvisa di Ramona attraverso i cui occhi ingenui riusciva a (ri)trovare lo stupore perduto da tempo e soprattutto con la morte del primo amore giovanile. Sul primo piano dell’unico amore di Gambardella si chiude la pellicola come La dolce vita terminava con la ragazza che sorrideva a Mastroianni: il sorriso pulito oggi può appartenere solo a una gioventù e a un'innocenza scomparsa.
Se la morte è il tema dominante del film ciò non toglie che La grande bellezza sia ricco di battute fulminanti di perfida ironia. Un gioco di contrasti che riprende quello visivo del kitsch delle feste esclusive alternato alla languida bellezza di Roma, contrasto che Luca Bigazzi sa fotografare molto bene con le luci taglienti degli eventi alternate alla luce morbida e alle atmosfere cavaraggesche e barocche dei monumenti.
Film che, come ho scritto da me, ho amato molto. perchè è sincero, lirico, girato benissimo (anche se a volte Sorrentino, che sa di essere dotato di grandissimo talento, rischia di gigioneggiare un pò troppo con la macchina da presa), un film sulla solitudine, sui rimpianti, sull'amore e (ovviamente) la bellezza. Bravissimi gli attori, persino Verdone, che odio da morire!
un saluto.
Scritto da: MonsieurVerdoux | 10 luglio 2013 a 16:58
caro monsieur, condivido con lei l'idiosincrasia per verdone e la bravura di sorrentino nel dirigerlo :)
Scritto da: ava | 15 luglio 2013 a 20:10