The Great Gabbo
USA 1929
con Erich von Stroheim, Betty Compson, Donald Douglas
regia di James Cruze
Gabbo, ventriloquo da fiera che ha un rapporto morboso con il suo pupazzo Otto, riversa le frustrazioni di una carriera mediocre sulla fidanzata/assistente Mary che lo lascia, esasperata dal suo pessimo carattere.
Due anni dopo i due si rincontrano all’apice del successo: Gabbo è convinto di poter riconquistare la donna ma quando Mary gli confessa di essersi sposata, la follia di Gabbo esplode, stroncandogli la carriera.
Primo film sonoro interpretato da Erich von Stroheim che ha collaborato, non accreditato, anche alla regia.
I giudizi dei dizionari sono molto critici nei confronti dell’opera che effettivamente è imperfetta, più che per i problemi con il sonoro (tecnologia che aveva solo due anni di vita) direi che a non funzionare è l’inserimento dei numeri musicali che spezzano il ritmo della tragedia di Gabbo, creando uno strano musical drammatico.
Anche se a livello tecnico l’uso del sonoro non è eccelso, colpisce l’attenzione con cui si vuole rompere ogni rapporto con il cinema muto: quello che non viene mostrato visivamente della storia, come il salto temporale di due anni, invece che esser risolto tramite una didascalia, espediente troppo legato alla precedente epoca muta, viene raccontato attraverso i dialoghi e l’altra coppia di artisti da fiera ha esclusivamente il compito di spiegare i retroscena del rapporto tra Gabbo e Mary.
Gli intermezzi musicali, sicuramente troppo lenti, sottolineano il mutamento di uno stile: si passa dalle sfilate di ballerini dei primi numeri al numero finale della ragnatela (vituperato dal Mereghetti) che rispecchia chiaramente lo stile deco che era in piena affermazione. Anche nelle riprese si tentano nuove soluzioni: ad esempio con i dettagli dei piedi danzanti, tecniche che fanno presagire i grandi musical che negli anni immediatamente seguenti faranno la fortuna del coreografo Busby Berkeley.
Resta memorabile Stroheim fedele al suo personaggio odioso con monocolo e medaglie al petto; per sottolineare l’ambiziosa follia di The great Gabbo il look è più stravagante del solito con marsine e pantaloni alla zuava in raso che l’attore riesce a rendere credibilissimi. Ci si aspetterebbe un risvolto più horror nello sdoppiamento con Otto (sulla falsariga di Chucky ed altre bambole assassine) invece il carattere borderline di Gabbo resta sempre latente tenendo alto il senso di aspettativa dello spettatore e riequilibrando in qualche modo le figure di Gabbo e Mary la cui estrema dolcezza non è amore ma pietà verso il bipolare Gabbo, dovuta forse a un senso materno riversato sul fantoccio Otto.
Immagino anche tu l'abbia recuperato in occasione del recente passaggio su Fuori Orario. Se non lo conosci già, ti segnalo un altro film imperfetto ma interessantissimo, sempre interpretato da von Stroheim: "La fine della signora Wallace" di Anthony Mann. Ne ho scritto qui:
http://simonestarace.blogspot.it/2012/02/la-fine-della-signora-wallace-great.html
Scritto da: Simone Starace | 10 maggio 2013 a 19:45
letto il tuo bellissimo post che mi ha suscitato qualche ricordo di una lontana visione (forse i film estivi del tardo pomeriggio di rai3 nei primi anni '90) cmq il fascino di Stroheim sta anche nei suoi magnifici fallimenti :)
Scritto da: ava | 13 maggio 2013 a 17:54