C’è tempo fino al domenica 12 maggio per visitare all’Arca di Vercelli la mostra che indaga un decennio interessante per l’arte contemporanea come quello degli anni ’60.
Nell’esposizione vercellese è possibile identificare tre grossi filoni che hanno dominato il decennio: l’informale, il monocromatico e la pop art, il movimento più celebre di cui sono presenti in mostra gli esponenti più famosi come Warhol e Lichtenstein. L’audioguida compresa nel prezzo del biglietto d’ingresso permette di approfondire percorsi artistici non sempre semplici al primo impatto.
Tra le cinquanta opere esposte io ho lasciato il cuore su Concetto spaziale 1962 di Lucio Fontana dove l’artista italo-argentino lavora ancora con gli squarci prima di approdare ai celebri tagli.
Trovo invece molto inquietanti (il che non vuol dire brutte, anzi!) i lavori sulle monocromie, soprattutto quelle bianche o le geometrie colorate che pur non volendo significare altro che la potenza del colore causano effetti visivi molto forti.
Mi è piaciuta molto l’opera di Lucio del Pezzo, Grande quadro d’oro che agisce a cavallo tra la monocromia e l’assemblamento che daranno vita al Nouveau realisme in Francia.
Questa corrente era presente con due opere di Arman, il suo più celebre esponente. Al Nouveau realisme inizialmente si era accostato anche il nostro Mimmo Rotella, in mostra con i suoi celebri decollage dedicati al cinema. La riflessione un po’ amara è che il decollage di Rotella, nato come forma di protesta sia diventato poi un suo manierismo, a cui ha dedicato tutta la sua carriera mentre i monotipi sui prodotti commerciali sono molto meno conosciuti e visibili più nelle fiere mercato che nei musei.
Accanto a Rotella non poteva mancare all’Arca l’altro gigante della Pop Art italiana, Mario Schifano presente con una grande palma della serie Tutte Stelle.
Da segnalare anche la presenza di due opere di Enrico Baj, artista che merita di essere riscoperto.
La sensualità di Wesselmann è affidata ai piedi di Paesaggio marino piuttosto che alle celeberrime labbra.
Due belle opere di Richard Hamilton (uno schizzo del Guggenheim di New York e un Fashion plate) testimoniano la vitalità della Pop Art inglese e chiude la mostra un quadro specchio di Pistoletto, dove si riflette non solo l’immagine dello spettatore ma le opere esposte nell’ultima sala, allestimento geniale, chissà se in qualche modo vuole anche richiamare la grande retrospettiva che il Louvre sta dedicando all’artista italiano?
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