The letter
USA 1940, Warner Bros,
con Bette Davis, Herbert Marshall, James Stephenson, Gale Sondergaard
regia di William Wyler
In una piantagione nei pressi di Singapore, Leslie Crosbie, moglie di un coltivatore di alberi da gomma, uccide un amico di famiglia sostenendo d essersi dovuta difendere da un’aggressione sessuale. Nel corso del processo l’avvocato della donna viene avvertito dell’esistenza di una lettera che proverebbe un legame sentimentale tra la vittima e la sua assistita. Per evitare la pena di morte la lettera viene acquistata a prezzo di tutti i risparmi del marito. Leslie al processo viene giudicata innocente ma pagherà comunque la sua colpa.
Capolavoro noir di William Wyler premiato con sette nomination agli Oscar, remake di una prima omonima versione muta del 1929.
Il titolo italiano è molto più affascinante di quello originale, il prosaico The letter, dove le ombre malesi alludono al meraviglioso gioco di ombre create dal bianco e nero lucido e appiccicoso come un’umida notte tropicale: la luna che gioca con le nuvole, la luce che filtra dalle serrande, marezzature che sottolineano l’ambiguità di tutti i personaggi, a partire da Leslie, creduta una donna fedele e invece protagonista di una doppia vita amorosa che esplode nella gelosia omicida quando l’amante le preferisce un'indigena che sposa a discapito della propria reputazione sociale.
Il senso di ambiguità è dato anche dallo stile di ripresa: nella prima ricostruzione che Leslie da dell'accaduto, Bette Davis è ripresa quasi sempre di spalle e spesso esce dall'inquadratura perchè la macchina da presa segue l'immaginaria ricostruzione dei fatti. Silenzi, spazi vuoti oppressivi come macigni sono la singolare caratteristica di questo capolavoro del cinema classico.
Il racconto di di William Somerset Maugham si chiude con l’assoluzione al processo lasciando solo intuire l’erosione del prestigio dell’impero britannico. Il finale imposto dal Codice Hays non è per nulla posticcio: come in tutti i film di Bette Davis c’e’ sempre uno scontro al femminile e Gale Sondergaard, la moglie di Hammond, che non proferisce parola per tutto il film, ha una presenza scenica all’altezza della divina Bette soprattutto nell’incontro nella fumeria d’oppio quando la malese rifiuta ogni contatto con la donna che le ha ucciso il marito e, in segno di disprezzo, getta a terra la lettera che le ha venduto. Dopo il processo, l’avvertimento con il coltello di giada causa il crollo emotivo di Leslie, finalmente pentita del suo gesto e la vendetta omicida della vedova ha una valenza quasi rituale, a sottolineare ancora una volta come un popolo oppresso da un dominio straniero sia costretto a muoversi con furtiva circospezione, come ombre, ombre malesi.
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