In treatment pare essere proprio la serie italiana del momento che nella sua distribuzione giornaliera su Sky Cinema 1 ha riavvicinato il pubblico italiano all’appuntamento quotidiano con la fiction preserale.
Come tutti sanno la serie è l'adattamento italiano di un format israeliano venduto in tutto il mondo e per quanto il regista Saverio Costanzo abbia parlato con una certa supponenza del livello notevolmente inferiore delle fiction passate dalle tv generaliste, io trovo nella serie (certamente di spessore) una sfilza di difetti tipici forse più del cinema che della televisione italiana. Alludo a un certo minimalismo rappresentato da quella telecamera francamente troppo statica (pensiamo a Carnage e a cosa si può fare con quattro attori rinchiusi in un appartamento).
Il minimalismo di storie molto parlate e sofferte interiormente era una caratteristica tipica del cinema dei primi anni ‘90 di cui Castellitto fu un degno interprete e se ci si pensa, a parte i cellulari, non c’è nulla nello studio di Giovanni Mari che caratterizzi la contemporaneità dell’ambiente: le storie potrebbe risalire anche a 15/20 anni fa. Del resto anche lo schema di rapporti che si sta delineando è tipico di una certa italianità immobile da decenni: un professionista di successo, in crisi di mezz’età diviso tra una moglie che si è votata a lui e la passione per una giovane donna innamorata che l'uomo non ha il coraggio di ricambiare. Una donna più grande che in qualche modo lo domina, una coppia in crisi che ruota attorno all’idea di un figlio, una ragazzina con problemi familiari, un carabiniere infiltrato dalla ovvia doppia vita, il personaggio meglio riuscito della serie che però si può leggere come speculare alla figura del terapeuta: insomma, il solito maschio borghese schiavo del desiderio sessuale, oppresso da figure familiari femminili troppo ingombranti (che cosa sono Anna e Alice se non rispettivamente la figura materna e la figlia?).
Non ho mai visto la serie americana targata HBO quindi non so come sia il terapeuta descritto in quella serie ma in un periodo in cui i serial killer sono amabili vicini di casa (Dexter), le agenti della CIA bipolari (Homeland), il mitico Sherlock Holmes riletto dagli inglesi come affetto dalla sindrome di Asperger, che noia l’ennesima riproposizione del solito, vecchio modello del maschio italico!
Mi sono addormentato dopo i primi 10 minuti...
Scritto da: roy | 19 aprile 2013 a 18:50
eh! anche un cicinin di depressione la provoca ;)
Scritto da: ava | 26 aprile 2013 a 18:45